1908
La mancata candidatura di
Roma Olimpica
Dell’idea di candidare Roma ad ospitare i giochi della quarta Olimpiade si cominciò a parlare nell’inverno a cavallo tra il 1902 e il 1903. Il più convinto fautore del progetto era il segretario
della “Federazione Ginnastica” Fortunato Ballerini, anche se esso prese corpo-come ha lasciato scritto l’on. Brunialti- “per patriottica iniziativa del conte Brunetta d’Usseaux”, fino a che “la Giunta municipale, con una decisione del 27 febbario 1903, accordò all’idea tutto il suo appoggio”.
cfr. “Sulla organizzazione e sui metodi delle Olimpiadi Internazionali e intorno ai loro risultati”-Relazione dell’on. Attilio Brunialti alla seconda riunione dell’Istituto Nazionale per l’Incremento dell’Educazione fisica in Italia (Roma, Tip, I. Artero, 1909).
Pochi giorni più tardi, il 16 marzo, nei locali della Federazione, che si trovavano all’angolo che via Genova faceva con Via San Vitale, il sanguigno senatore Todaro, aprì la riunione del Consiglio Federale che doveva pronunciarsi sulla proposta.
(Ballerini intendeva cogliere l’occasione per presentare finalmente il progetto che aveva steso nei minimi dettagli. Riteneva di aver tutto predisposto per il meglio: aveva fatto addirittura arrivare da Parigi il conte Brunetta d’Usseaux, fidando sul deciso aiuto della sua autorità, ed aveva fatto intervenire il conte Mario di Carpegna, in rappresentanza del sindaco, l’aristocratico don Prospero Colonna. (Il Conte di Carpegna era all’epoca delegato al Comune di Roma presso la Scuola Normale di Educazione fisica.).
I giochi Olimpici di Saint Louis 1904
Dopo le consuete commemorazioni che tenevano sempre molto impegnati i vertici federali, l’argomento olimpico venne affrontato da Ballerini con una breve relazione su una eventuale partecipazione italiana ai Giochi di Saint Louis dell’anno dopo. La “Federazione Ginnastica”, come quattro anni prima, aveva ricevuto l’invito da parte del Comitato organizzatore dopo che le Olimpiadi avevano lasciato Chicago, dove avrebbero dovuto tenersi per celebrare il centenario della città, a seguito di una decisione di de Coubertin. Il barone- che intendeva risolvere la complessa diatriba tra le due città americane che minacciava di far saltare i Giochi, il 21 dicembre 1902, aveva indetto una consultazione tra i 26 Membri del CIO: tra le 21 risposte ricevute, 14 furono favorevoli a Saint Louis, 2 contrarie, mentre 5 furono gli astenuti. (Cfr. “Un siècle du Comité Olympique “. Lausanne 1944, vol. I, pag.124.)
La volontà espressa dal Comitato Internazionale Olimpico venne sottoposta al presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, che la ratificò e la cui decisione fu inappellabile. Il 12 febbraio 1903, un telegramma del CIO assegnava definitivamente i Giochi alla capitale del Missouri. I Giochi Olimpici del 1904, furono un successo in termini sportivi e coinvolsero un grandissimo numero di spettatori, richiamati sulle rive del Mississippi dalla The World Fair’s, l’Esposizione del nuovo mondo. Ma la loro memoria rimase macchiata per sempre dalle “giornate antropologiche” che, in ogni caso, non facevano parte del programma ufficiale.
Questo era il programma delle gare olimpiche di Saint Louis: 18 giugno 1904, Concorso generale di ginnastica; 1-2 luglio, Concorso Internazionale individuale e di squadra; 1-8 settembre, Campionato sollevamento pesi; 8-9 luglio, Campionati di nuoto e Water-polo; 14-15 ottobre, Campionati di lotta; 8-10 settembre, Campionati mondiali di scherma. (Cfr.”Il Ginnasta”, n.12,1° dicembre 1903). De Coubertin, che aveva promesso di essere presente almeno per la cerimonia di chiusura, preferì restarsene in Europa e passò l’estate a “fare le acque” a Bayreuth. I Giochi si svolsero dal 1° luglio al 23 novembre ed interessarono 17 discipline ( alcune riconosciute più tardi solo come dimostrative). Le giornate antropologiche si tennero il 12 e 23 agosto. I paesi rappresentati furono 13 ( tra loro 7 quelli europei ). Gli atleti 687 tra cui 6 donne.
E gli italiani? A quel tempo l’America era per noi terra d’emigrazione e ci s’andava su bastimenti che partivano”per terre assai lontane…”. L’invito a recarsi a Saint Louis era comunque arrivato in Italia, portato da due rappresentanti che giravano l’Europa per conto del Comitato organizzatore. La Federazione aveva aderito, sia pure con riserva, “considerate le forti spese” che si sarebbero dovute sostenere. Ballerini questa disponibilità la ricordò nel suo intervento, ma senza illudersi troppo e lasciando ad altri “l’incarico di trovare i mezzi”: (Cfr. “Il Ginnasta”nn.9-10, 15 ottobre 1903, pag.21).
(…) la nostra Federazione ha aderito alla terza Olimpiade che era stata fissata a Chicago dal CIO tenuto nel 1901 a Parigi, ma che poi invece fu deciso avesse luogo a S. Louis in occasione dell’Esposizione Mondiale che vi sarà fatta nel 1904
L’incontro tra gli americani ed i rappresentanti della Federazione s’era tenuto all’Hotel Quirinale ed aveva avuto un cordiale epilogo in un “sontuoso banchetto” offerto dalla Federazione nei saloni del Grand Hotel . Successivamente, nella riunione del 20 giugno 1902, la presidenza federale aveva deciso di partecipare alle gare di Saint Louis. (Cfr.Lettera di dimissioni di Ballerini in data 29 dicembre 1903. (“Il Ginnasta”, n.1, 15 gennaio 1904, pag.4). .
Ma poi nessuna società se la sentì di avventurarsi oltre oceano e tutto sfumò. Quella del 1904, resta così l’unica Olimpiade alla quale non hanno preso parte – o non hanno tentato di farlo- atleti italiani.
Come curiosità si può ricordare che il solo atleta nato in Italia e che gareggiò a Saint Louis fu…l’americano Louis de Breda Handley, romano di nascita, che sotto i colori del New York AC vinse due medaglie d’oro, una con la staffetta 4X50 yards s.l. e l’altra nella pallanuoto. ( Handley (che era nato a Roma il 14 febbraio 1874 e che morì a New York il 28 dicembre 1956) palesava nel nome de Breda una chiara origine italiana: era probabilmente nato da un’unione mista. Visse a Roma fino ad oltre i vent’anni senza però lasciare traccia nelle cronache sportive cittadine del tempo.
Pur se la sua caratteristica precipua era una marcata ecletticità.
Nel numero del dicembre 1903, “Il Ginnasta” pubblicò un estratto del programma dei Giochi di Saint Louis, spedito alla Federazione dal conte Brunetta d’Usseaux, al quale s’era rivolto il Presidente del Comitato organizzatore, il potente James Sullivan, che vedeva nel conte piemontese l’unico riferimento per lo sport italiano sullo scenario internazionale. ( Il bollettino federale riportò il programma facendolo precedere dalla lettera inviata da Sullivan a Brunetta.
Brunetta, dalla sua dorata residenza parigina, l’aveva trasmesso sin dall’estate precedente alla Federazione- che si ostinava a riconoscere quale unica autorità sportiva nazionale- con la speranza risuscitare un interesse superiore a quello che circondava nel nostro Paese l’appuntamento olimpico americano. Ma senza riscontri apprezzabili.
Ma torniamo alla riunione di quel marzo 1903. Quando ormai era già sera e dopo che l’assemblea aveva istituito il Comitato femminile della Federazione, affidandolo a Donna Carolina Rattazzi (La sera prima il conte Brunetta aveva preso parte ad una riunione tenuta a casa Rattazzi, per mettere a punto le linee del progetto. Donna Carolina era moglie di Urbano, che fu ministro e senatore. (Cfr. “Il Ginnasta”, n.1, 15 gennaio 1904). La parola tornò a Ballerini per l’argomento che più gli stava a cuore:
L’appassionata e un po’ ingenua oratoria del segretario della Federazione, non riuscì però a far breccia nello scetticismo generale. Ballerini non si nascose “le gravi difficoltà” che si sarebbero dovute “sormontare per tale riuscita”, ma sperava “nell’appoggio del Governo e del Comune di Roma e sulle forze future della Federazione”. Ritenne anche importante ricordare che il conte Brunetta aveva già offerto
1000 lire come contributo personale e come lo stesso si stesse adoperando per propagandare la candidatura presso il CIO.
Di tale sollecitazione non c’era bisogno, dal momento che da tempo, de Coubertin pensava a Roma come ad una tappa obbligata dell’olimpismo, anche per temperare in qualche modo una velata ostilità che avvertiva provenire dagli ambienti più conservatori del Vaticano. Ma tutto questo non valse a scuotere da un radicato scetticismo l’uditorio, che accolse piuttosto freddamente il progetto. Il consigliere genovese Enrico Ferralasco, che fu il primo a parlare, propose un referendum tra le società per sondarne l’interesse. Era già una bocciatura, ribadita dal fatto che l’assemblea non degnò la discussione di Ballerini di uno straccio di discussione, dandola addirittura per letta. Una umiliazione appena temperata dall’approvazione “in massima di tenere la IV Olimpiade a Roma nel 1908.” Ipotesi alla quale però non credeva nessuno
Ballerini aveva steso il suo progetto ponendo mente più alle cariche onorifiche e di prestigio nei diversi Comitati che a una concreta struttura tecnico-organizzativa. Alla presidenza avrebbe posto con pari dignità il sindaco di Roma (Colonna), il presidente del CIO (de Coubertin) e il presidente della Federginnastica (Todaro). Con quali risultati pratici, considerate le diverse se non opposte astrazioni dei tre, non è difficile immaginare. Un posto, sia pure solo come membro del Comitato di presidenza, aveva comunque riservato al suo grande alleato, il conte Brunetta.
Il testo completo del progetto è in Appendice. Il programma sportivo, più elle caotiche esperienze di Parigi 1900, che di quelle più razionali di Atene 1896, pur denunciando una generale assenza di concretezza, non era del tutto campato in aria. Prevedeva gare in 21 specialità, molte delle quali, appaiono oggi come bizzarrie d’inizio secolo. Esse erano elencate in stretto ordine alfabetico
a) aeronautica; b) alpinismo; c) atletismo; d) automobilismo; e) caccia; f) canottaggio; g) colombofila; h) equitazione; i) foot-ball; k) ginnastica; l) lawn –tennis; m) nautica; n) nuoto; o) pallone; p) podismo; q) pompieristica; r) salvataggio in acqua; s) scherma; t) tamburello; u) tiro a segno; v) velocipedismo.
L’involontario nemico del progetto fu lo stesso Ballerini che, tradito dalla sua fede e dal suo entusiasmo, dimenticò di indicare nella relazione, con quali mezzi finanziari si sarebbe potuto affrontare il gigantesco impegno. Si limitò ad accennare, genericamente, ad una sottoscrizione popolare. Non era sufficiente per un’Italia che di problemi ne aveva già tanti e dove mancava ancora il senso di una struttura che centralizzasse l’organizzazione sportiva.
Questo particolare non trascurabile, malgrado tutti gli sforzi dialettici del conte Brunetta- che forse da Parigi aveva una visione distorta delle cose sportive italiane, ma che non avrebbe mai più dimenticato l’affronto-, costituì la pietra tombale dell’idea.
Non bisogna tuttavia trascurare che la “Federazione Ginnastica”, su cui avrebbe dovuto gravare l’intero sforzo organizzativo, era del tutto impreparata a sostenere tale compito (avulsa com’era da ogni contatto internazionale e, in ogni caso, poco incline ad averne). Anche a causa delle croniche ristrettezze economiche in cui si dibatteva d sempre: per l’esercizio 1902-’03 il Ministero dell’Istruzione pubblica aveva stanziato a suo favore il modesto contributo annuale di 5000 lire che, al netto della tassa di ricchezza mobile, diventavano appena 4625 lire.
Una settimana più tardi, il 22 marzo, venne comunque inviata una lettera al CIO con la quale si richiedeva per Roma l’assegnazione di Giochi del 1908 ( “La Federazione (…) ha assunto l’impegno morale di patrocinare l’idea della IV Olimpiade in Roma, epperciò il 22 marzo si fece domanda ufficiale”., (Cfr. “Il Ginnasta”, n.1, n.15 gennaio 1904).
Il gruppo di lavoro, che faceva perno su Ballerini, spese i mesi seguenti in frenetici quanto deludenti contatti con il Comune e con i diversi Ministeri per trovare una decente copertura economica. Ma senza grandi risultati. Della candidatura di Roma si tornò a parlare solo nei primi giorni di settembre in una riunione della Presidenza federale.
Ballerini giocò la sua ultima carta presentando una lettera inviata dal “delegato italiano presso il Comitato internazionale olimpico residente a Parigi”, conte Brunetta d’Usseaux, che tentava di scuotere il prudente ambiente romano suggerendo di nominare “un Comitato provvisorio perché questo studi i mezzi di attuazione della IV Olimpiade internazionale in Roma nell’anno 1908.” I membri della Presidenza, sempre più scettici, decisero di rinviare la risposta “ad altro Consiglio per un più maturo esame”.
(Alla riunione, tenutasi nelle giornate del 5 e 6 settembre 1903, oltre a Ballerini parteciparono il senatore Todaro ed i consiglieri Duce, Fioravanti, Guerra, Donati, Lesen.)
Nella stessa riunione un interesse ben superiore venne dedicato a ricordare il generale Menotti Garibaldi, scomparso da poco, che per qualche mese in quello stesso 1903, era stato presidente dell’ “Unione dei Tiratori” ( Quel 1903 fu drammatico per l’Unione: alla sua guida in pochi mesi si successero infatti tre presidenti, tutti morti in carica: il generale Luigi Roux; Menotti Garibaldi che era il primogenito dell’”eroe dei due mondi” e di Anita, eroe di Bezzecca, senatore, primo presidente della “Ginnastica Roma”, deputato di Velletri dal 1876 al 1900; l’on. Giuseppe Zanardelli che fu eletto il 28 ottobre e scomparve….)
Si giunse così alla riunione decisiva per le sorti di Roma olimpica, quella del 23 dicembre 1903. (La riunione, fissata per il 20 dicembre, era stata aggiornata per mancanza del numero legale. Alla riunione del 23 dicembre erano presenti, oltre al senatore Todaro e a Ballerini, i consiglieri Guido Lesen, Romano Guerra, Giusto Arbace Fioravanti, Enrico Donati, Luigi Duce, Vincenzo Frattini. (Cfr. “Il Ginnasta”, n. 1, 15 gennaio 1904).
Il senatore Todaro riferì “delle pratiche fatte col sindaco di Roma e con S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministri, circa un eventuale loro concorso nelle spese per una IV Olimpiade da tenersi in Roma” riferendo che non era “possibile ottenere il concorso pecuniario che occorrerebbe, trattandosi di spesa ingente a cui né il Municipio né il Governo intendono sobbarcarsi. “ In conclusione riteneva più giusto “disimpegnarsi col Comitato olimpico di Parigi, adducendo le difficoltà dei mezzi finanziari”(ibidem).
Anche Romano Guerra, membro della C.T., si espresse contro l’idea dell’Olimpiade romana, auspicando invece per il 1908 una gara internazionale di ginnastica perché “compito più modesto e proporzionato” alle forze federali. Guerra presentò anche un ordine del giorno che rinunciava alla candidatura e che, messo ai voti malgrado l’opposizione di Ballerini, (“Ballerini osserva che l’ordine del giorno è illegale, non potendo il Consiglio di Presidenza revocare un impegno morale già approvato dal Consiglio federale (…) Crede poi sia il caso di soprassedere (…) per vedere intanto se, conforme egli ritiene, altre istituzioni educative e di sport aderirebbero ad unirsi a noi in questa impresa (…)” (Cfr. “Il Ginnasta”, n. 1, 15 gennaio 1904) venne approvato.
Era il colpo mortale per i sogni di Ballerini. Il quale subito dopo la conclusione della riunione si dimise dall’incarico di segretario della Federazione. Lo fece con una lunga lettera nel peggior Natale della sua vita ed inviata al Presidente Todaro il 29 dicembre.
In essa Ballerini ricordava come de Coubertin, grazie anche ai buoni uffici di Brunetta d’Usseaux, alla richiesta di Roma, avesse risposto convinto che “pur essendo già tre gli Stati che ambiscono all’onore di tale concessione, il nome di Roma riscuoteva le simpatie maggiori” e che sperava” che nella riunione, la quale sarà tenuta a Londra il giorno di Pasqua, il voto di Roma possa essere soddisfatto”. Ballerini chiuse melanconicamente la sua lettera ribadendo la volontà di “continuare all’infuori della Federazione, il lavoro di questa festa mondiale (…) destinata a dare assetto organico a tutte le forze educative dell’Italia ponendo in prima linea la ginnastica come base all’educazione fisica nazionale.( La lettera, pubblicata integralmente sul bollettino federale, ricostruisce la lunga vicenda (ibidem) ). Ed in questo Ballerini vedeva giusto.
Se le Olimpiadi si fossero tenute a Roma, gli italiani sarebbero entrati in contatto diretto con il mondo sportivo anglosassone e nord-europeo- dei quali, senza saperne nulla criticavano vivacemente tanto i metodi di allenamento, quanto di specializzazione- (Alberto Alberti, consigliere della FGI, giurato ai giochi del 1906 ed uno dei “più intellettuali ed appassionati maestri di ginnastica d’Italia”, tornato in Patria, rilasciò alla “Gazzetta” una intervista illuminante: “(…) gli americani sono molto svelti nel correre e lo provano le loro vittorie nelle gare di velocità, (…) ma sono ridotti a veri cavalli da corsa, meravigliosi come estrinsecazione di organismo umano, ma assai brutti come uomini che aspirano al concetto di bellezza ellenica di una volta (…)”.(Cfr. “La Gazzetta dello Sport” 5 maggio 1906), traendone benefici indubbi.
Fu necessario invece attendere il primo dopoguerra perché l’organizzazione sportiva italiana si sviluppasse in senso moderno. Solo allora si sciolse il nodo gordianico, che intrecciava in un abbraccio soffocante, lo sport all’educazione fisica.
Se il progetto di Ballerini non trovò adesioni, ci fu chi era decisamente contrario. Secondo il grande scienziato Angelo Mosso, che ne fu il più deciso oppositore, sarebbe stato necessario che il Governo stanziasse almeno mezzo milione, che comunque, a suo modo di vedere, sarebbero stati soldi buttati.
Mosso motivò le sue convinzioni in un lungo articolo apparso nella primavera del 1905 su “Nuova Antologia”, la prestigiosa rivista diretta da Giovanni Cena. (Cfr.”I Giuochi Olimpici in Roma”, in “Nuova Antologia”, n.799, 1°Aprile 1905, pagg. 401-426.
“(…) Dai calcoli fatti, per allestire tutti i campi per le gare, i premi, le commissioni ed i festeggiamenti, bisognerà chiedere al Parlamento almeno mezzo milione; e sarà danaro sciupato, perché non impareremo nulla; faremo una cattiva figura e saremo scoraggiati anche prima di cominciare, poiché sappiamo già che resteremo gli ultimi e che non possiamo fare gli onori di casa colla larghezza degli Stati Uniti nell’ultima Olimpiade”.
Ma non era tutto. Mosso mise anche impietosamente in dubbio la capacità degli atleti italiani a sostenere vantaggiosamente il confronto con quelli d’oltr’Alpe: (…)”Gli italiani non sono ancora in grado di misurarsi con gli stranieri
in una gara mondiale per l’educazione fisica. Noi resteremo indietro a così grande distanza, che i giochi olimpici non saranno certo una festa allegra. Saremo così delusi, che ne verrà di poi l’abbattimento, e più che la sfiducia, il disprezzo di noi stessi”.
Un giudizio lapidario, forse ingeneroso, ma che poneva l’accento sulle carenze tecniche ed organizzative dello sport italiano del tempo, mortificato dallo statico compiacimento per la gestualità della “fisica educazione”, come si diceva. Lo stesso Mosso proseguiva così la sua impietosa disanima:
“(…) In Italia l’educazione fisica trovasi in tale stato infantile che nell’ultimo concorso nazionale federale si stampò una relazione dove le tabelle di classifica sono date per punti come se si trattasse di un esame di greco o di filosofia. (…) Invece di dare la lunghezza ed altezza in cm. di ciascun salto, non c’è altro che il numero 5,5,5. (…) Torretta di Milano vinse la gara di velocità nei 100 metri, Fava di Bologna quella dei 10 km., ma non si dice il tempo che impiegarono per fare queste corse. La Commissione tecnica (…) volle tirare un velo pietoso sulla inferiorità nostra nell’educazione fisica. “
Ma è giunto il momento di soffermarsi sulla figura di Fortunato Ballerini, personaggio che ha caratterizzato un lungo periodo della nostra storia olimpica. Come ha scritto Mario Pennacchia nel campo dell’educazione fisica, Ballerini fu “il pioniere autentico, eroico, puro”. Aveva dentro” una tempesta di energie e di sensazioni che lo spinsero fuori del suo secolo: avanti, avanti, molto più avanti della sua generazione ancora imparruccata”.
Nato a Sant’Angiolo, nei pressi di Firenze, il 16 ottobre 1852, “dette ampio contributo alla diffusione delle varie discipline sportive
“. Segretario nel 1877 della Società Nazionale di Ginnastica Scherma e Tiro a segno (presieduta dal senatore Antonio Allievi), dal 1888 al 1914 ricoprì lo stesso incarico nella “Federazione Ginnastica”. Tra i fondatori della “Ginnastica Roma”, ne assunse la presidenza nel luglio 1896 e “diede grande impulso alla società con il suo giovanile entusiasmo”. Promosse nel 1891 la costruzione della palestra sociale, in un’area demaniale tra le vie Genova e San Vitale avuta in concessione dal generale Pelloux, all’epoca ministro della guerra: la palestra, prima uno chalet in legno poi riedificata in muratura, fu sede sia della Roma che della Federazione. Capo sezione al Ministero di Grazia e giustizia, il suo attivismo era visto con sospetto dai superiori che sul suo fascicolo personale scrissero, sospettosi, “Dedito allo sport”.
Entrato nella neonata “Sportiva Lazio”, ne resse le sorti per 18 anni. Grand’ufficiale della Corona d’Italia, anche in età avanzata non rinunciò allo sport: nel 1922, a 70 anni, fondò la Roma Salus (dalla curiosa sigla: Società Astemio Longevo Universale Sanitaria).
Dopo l’abortita candidatura di Roma, fu tesoriere dei Comitati Italiani per le Olimpiadi del 1908 e del 1912. “ Ottimo giocatore di tamburello, abile tiratore, infaticabile podista (nel 1902, cinquantenne, vestito in borghese e con ombrello al braccio, portò a termine una marcia di100 km.), salutista convinto, a 81 anni si arrampicava ancora sulle Dolomiti”. Ballerini morì a Roma a 88 anni, il 19 settembre del 1940.