La mitica Parigi Pechino

Il lavoro continuo e instancabile, 

di un personaggio che precorse i tempi.

 

La partecipazione alle Olimpiadi di Londra

 

Pioveva forte su Parigi in quel pomeriggio del 10 agosto 1907 quando l’Itala del Principe Borghese imboccò il boulevard Poissonnièrie, dove aveva sede la redazione del “Matin”, il giornale che aveva lanciato l’impossibile Pechino-Parigi. Tra la folla festante, ed incurante dell’acqua, doveva esserci anche Brunetta d’Usseaux. Erano state 22 le automobili della colonia italiana partite per andare incontro al Principe Borghese, quand’era arrivato in visita della città. (…) Il gruppo più numeroso di esse era costituito dalle automobili della colonia italiana, le quali in numero di 22, pavesate con bandiere italiane e francesi e ornate di fiori si raccolsero presso la sede del ”Risveglio Italiano” e procedettero insieme fino a Champigny. (…)” (cfr. “Gazzetta del Popolo”. 11 agosto 1907).

Alle 16,30 di quel 10 agosto si era appena conclusa la corsa del secolo. Parigi era da tempo la capitale dell’automobile, ed erano molto popolari e seguiti i raid su lunghissime distanze. Ma nessuno aveva mai osato proporne uno di ben 14.963 km., la distanza cioè che separava la misteriosa Pechino dalla Ville Lumière.

L’itinerario prevedeva, dopo la partenza da Pechino, di toccare tra le aride sabbie del deserto del Gobi le città asiatiche di Kalgan, Urga, fino alla caucasica Irkutsk, alla siberiana Krasnojarsk, quindi di rientrare in Russia a Tomsk, poi via via attraversare Tjumen, Jekaterinburg, Kazan, Nizij  NovgorodMosca, Pietroburgo, Varsavia, Berlino, per raggiungere infine la torre Eiffel.(…) Borghese toglie la comunicazione del cambio e dà un colpo di freno: l’automobile è ferma. La corsa è finita. Quest’istante è solenne. L’ovazione della folla sale al delirio. Noi rimaniamo seduti ai nostri posti, confusi, storditi. (…) Mi volgo a guardare Borghese vincitore: egli sta ancora con le mani sul volante. (…) (Cfr. corrispondenza di Luigi Barzini da Parigi su “Corriere della Sera”, 11 agosto 1907, edizione del pomeriggio).

Con il nuovo anno, il 1908, il conte riprese nei suoi maneggi per dare corpo e sostanza all’organismo che doveva partorire il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

La prima mossa fu quella di informare gli sportivi dello stato dell’arte dei Giochi di Londra, del quale era pur sempre il referente per l’Italia.

Per farlo scrisse a ben 16 quotidiani italiani (e, per primi, al “Giornale d’Italia” e alla “Gazzetta dello Sport”).

Il conte non si nascondeva l’abissale distanza tra la radicata tradizione sportiva britannica, alimentata dall’attività delle public schools, e l’arcaica e balbettante organizzazione italiana. Cui continuava far freno la “Federazione Ginnastica”, ingessata nei suoi lenti rituali. In quelle lettere Brunetta, delineava le proprie strategie, avallandole con gli “incarichi ricevuti dal Comitato inglese”. Erano queste le credenziali che il conte esibiva volentieri, senza rendersi conto che proprio da tali patenti, nasceva nel nostro Paese l’ostilità nei suoi confronti.

I dirigenti italiani, lontani da una visione sprovincializzata delle cose del mondo, in lui scorgevano solo lo straniero venuto a comandare in casa loro. Un atteggiamento non mitigato dal comportamento dal nobile piemontese che, col suo carattere irruento, non accettava confronti dialettici ma amava imporre le proprie idee. Il conte, da Parigi, aveva una frenetica attività epistolare. Sulle sue spalle ricadeva in quel momento tutta l’organizzazione del CIO. (de Coubertin, ammalato, era assente).

Il 2 gennaio, appena dissolti i fumi dei festeggiamenti per l’arrivo dell’anno olimpico, riprese i suoi contatti con Compans.

Del Comitato, come abbiamo visto, non si sapeva più nulla e da più parti giungevano sollecitazioni perchè riprendesse l’opera sua. Brunetta propose di riunirlo a fine gennaio, poi in una seconda lettera datata 18 gennaio, spostò la riunione a metà febbraio, a Genova, approfittando dell’ospitalità dello “Yacht Club”.

Di tempo non ne restava molto: le iscrizioni delle prime gare si sarebbero chiuse a Londra il 30 aprile. Contatti doveva averne già presi se poteva scrivere a Compans. (ACS Torino Sez.Riunite, Archivio Compans, lettera di Brunetta a Compans, mazzo 28): “ Ho affidamento del concorso del R. Yacht Club del Rowing Club, del nuoto e della scherma. Conto su te per tiro e l’educazione fisica come ebbimo a discorrere a Milano”.

Nella stessa lettera, Brunetta si chiedeva se non avrebbero potuto esserci sovvenzioni governative e suggeriva di nominare tre Commissari: lo stesso Compans, il segretario dello “Yacht Club” Garibaldi Coltelletti, l’avvocato Luigi Bozino.

Ma com’era radicata sua abitudine, Compans non rispose ne all’una ne all’altra lettera. A distanza di tanti anni, indispettisce ancora l’atteggiamento di Compans, che se qualche idea l’aveva, faceva in modo di tenersela per se. Come d’abitudine di chi vive di politica, attendeva il volgere degli eventi, per schierarsi.

Ma questo il conte non lo sapeva, o riteneva che non fosse importante. Privo di notizie dall’Italia (suoi interlocutori più fidati restavano Fortunato Ballerini, che cercava di smussare l’occhiuta ostilità dei romani, e la benemerita “Gazzetta” che continuava a pubblicare le sue informazioni e che il conte aveva ormai eletto ad “Organo Ufficiale del Comitato” il 1° febbraio Brunetta si risolse a scrivere a Luigi Rava, ministro della Istruzione Pubblica.

Questo è il testo della lettera consegnata a fine gennaio alla nostra Ambasciata di Parigi, che l’inoltrò a Roma due giorni più tardi: (La sede di Parigi della Regia Ambasciata d’Italia era al n. 73 di Rue de Grenelle. La lettera riprodotta che porta il numero di protocollo e la data 31 gennaio 1908, è una copia. (Cfr.ACS Torino Sez.Riunite, Archivio Compans, mazzo 28)

"Ho l’onore di partecipare all’Eccellenza Vostra che nel mese di luglio prossimo, avranno luogo a Londra nello stadio espressamente edificato, capace di contenere 75.000 spettatori, i Giuochi Olimpici della IV Olimpiade. Unito alla presente Le trasmetto Programmi e Regolamenti che a tutt’oggi sono stampati, mancando ancora la Scherma, il Tiro a segno, ecc.

Le gare sono riservate ai soli Dilettanti, e la definizione, specialmente per il remo, è assai restrittiva. Ho ottenuto per l’Italia qualche vantaggio speciale secondo la lettera del Segretario Generale del British Olympic Council, di cui le unisco una copia; il principale vantaggio consiste nell’autorizzazione di un eventuale sussidio finanziario governativo, ed anche di privati, purchè membri dell’Associazione che vogliono sussidiare, colla condizione che detti sussidi non possano raggiungere che la somma occorrente per le spese.

Ho l’onore di comunicarle i nomi dei Membri del Comitato Italiano ed i tre Membri del Comitato d’Onore (a mente dell’art. 14 del Regolamento Generale). Questo comitato è stato votato nella riunione tenutasi a Milano il 10 giugno 1907 alla sede del Touring Club Italiano, sotto la Presidenza del Marchese Compans De Brichanteau, Deputato al Parlamento. Conscia l’E.V. dello sviluppo straordinario e della importanza accordata pure ormai presso di noi agli sports, ho piena fiducia che V.E. vorrà incoraggiare il numeroso intervento degli Italiani a Londra alla IV Olimpiade che, data la seria organizzazione del British Olympic Council appoggiata sulle potenti Federazioni Inglesi, sotto l’Alto Patronato di S.M. Edoardo VII, riuscirà certamente la più grandiosa manifestazione sportiva dei giorni nostri.

Il Barone Pietro di Coubertin, Presidente del Comitato Internazionale Olimpico, attualmente assai gravemente ammalato in Svizzera, mi da incarico di porgere all’E.V. gli omaggi suoi e del Comitato Internazionale”.

La lettera era fin troppo circostanziata e dovette risultare oscura al ministro che di cose di sport non ne sapeva niente. Specie dove si faceva cenno ad eventuali sovvenzioni governative (prima vietate, ma ora consentite dal comitato inglese). Rava, già da due anni ministro dell’Istruzione, dovette rigirarsela a lungo tra le mani quella lettera prima di decidere cosa rispondere. Nato a Ravenna nel 1860, giurista più che uomo politico, aveva ricoperto le cattedre di filosofia, del diritto nelle università di Siena e di Pavia e di scienza dell’amministrazione in quella di Bologna. Nella sua attività politica, fu deputato al Parlamento, praticamente senza interruzione dal 1890 al 1919, fino a quando venne nominato Senatore (1920). Più volte ministro, ricoprì i dicasteri dell’Agricoltura (1903-05), dell’Istruzione (1906-09) e delle Finanze (1914). Tra l’altro fu sindaco di Roma nel biennio 1920-’21.

 

(Rava, che fu anche vice-presidente della Camera durante la Grande Guerra, lasciò scritti importanti. Tra questi: La scienza dell’amministrazione nelle sue origini italiane (1898) e Dal codice civile al codice di lavoro (1913). Da questa iniziativa Brunetta d’Usseaux non si aspettava troppo. Anzi, era decisamente pessimista. Lo confidò ancora a Compans, al quale inviò copia della lettera, ricordando un po’ amaramente com’erano andate le cose ogni qualvolta aveva tentato approcci con le istituzioni italiane.

Vale la pena di rileggerle quelle parole, perché testimoniano dello stato d’animo di Brunetta, personalità importante all’estero che non trovava udienza alcuna nel suo Paese. Sappiamo anzi che dall’Italia gli erano state offerte, e rifiutate, onorificenze modeste: ”trop peu pour moi”, come ha lasciato scritto (ACS Torino, Sez. Riunite, lettera di Brunetta a Compans in data 1° marzo 1908 Archivio Compans, mazzo 28.)

“(…) Quando inviai come Commissario Ufficiale d’Italia e Vice Presidente del Giury degli Sports alla seconda Olimpiade di Parigi 1900 il rapporto, il Ministro mi fece ringraziare solo dal Commissario Generale dell’Esposizione.

Quando tre anni or sono inviai il resoconto del Congresso di Educazione Fisica e Sportivo di Bruxelles, al quale l’Italia era ufficialmente rappresentata, il Ministro mi mandò la sua carta da visita per mezzo dell’ambasciata. Ad Atene ove rappresentavo il Presidente del Comitato Internazionale Olimpico ed ero Delegato Ufficiale Italiano, il Ministro non mi mandò nulla. Che cosa il Protocollo gli suggerirà a questa lettera del Segretari Generale del Comitato Internazionale Olimpico funzionante da Presidente?”. Cosa suggerì il protocollo a Rava? Niente, almeno per quasi due mesi. La risposta, del tutto interlocutoria, giunse a fine marzo, quando s’era già tenuta la riunione di Genova che nel frattempo era scivolata al 18 marzo. Il ministro scriveva di voler” incoraggiare l’intervento alle Olimpiadi dei Ginnasti, atleti e sportmann italiani, in quelle forme che sono ammesse dai principi di massima stabiliti dal British Olympic Council, e nei modesti limiti consentiti dal Capitolo del Bilancio dell’Istruzione sul quale possono attingersi somme per consimili aiuti”.

Quello che certo non mancò di indispettire il conte fu il richiamo di Rava che per “agevolare le opportune intelligenze”, riteneva”essere utile che V.S. Ill.ma ponga in diretta comunicazione con questo Ministero ( Divisione IX) la Presidenza del Comitato centrale Italiano”. (della comunicazione della Divisione IX del Ministero della Istruzione Pubblica (Fondazioni Scolastiche ed Educazione Fisica) inviata in data 21 marzo 1908, prot. gen. 672, abbiamo una copia dattiloscritta. (ACS Torino, Sez.Riunite, Archivio Compans, mazzo 28).

Ancora una volta si lasciava intendere a Brunetta che gli si preferivano altri interlocutori. E questi non poteva essere che Compans, a cui li ministro Rava si rivolgeva. Non sappiamo quando la lettera del Ministero giunse nelle mani di Brunetta d’Usseaux; conosciamo solo la data in cui essa fu scritta, il 21 marzo 1908. Per questo si può ritenere giustificata la stizza del conte che alla riunione del Comitato del 18 marzo stigmatizzò duramente l’assenteismo del ministro Rava. Ribadendo questi concetti in una lettera scritta a Compans, che ormai fungeva da presidente del Comitato più nei desideri del conte che nella realtà, per riferirvi della riunione: ( Lettera di Brunetta a Compans in data 23 marzo 1908. (ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28).

” Mi riservo a Londra, alla seduta plenaria internazionale di far conoscere la condotta del nostro Ministro dell’Istruzione Pubblica solo fra tutti i Governi Mondiali, fra tutti Regnanti e Presidenti, che non degnò di occuparsi delle comunicazioni che il Segretario gli fece pervenire potendo interessare l’Italia”.

Della riunione genovese del Comitato Italiano, che il conte aveva convocata con una circolare del 4 marzo, possediamo un accurato verbale che ne ha tramandato nei dettagli lo svolgimento.

Essa si tenne, come si è detto nella sede del “Regio Yacht Club” con inizio alle ore 14,10 del 18 marzo. (La sede di Genova Ryci era in via Roma 3.) La riunione ebbe una risonanza notevole grazie alla “Gazzetta” che ne seguì con molta attenzione i lavori. Ma vide una partecipazione piuttosto ridotta. Vi presero infatti parte solo sei persone: assieme a Brunetta ( che rappresentava anche il “Rowing Club”) c’erano il comandante Garibaldi Coltelletti (vice-presidente dello “Yacht Club”), lo scultore Giuseppe Cantù (presidente della “Rari Nantes”), l’avvocato Luigi Bozino (per gli schermidori), Lorenzo Bertolini (consigliere del Touring in rappresentanza di Johnson), il giornalista della Gazzetta Primo Bongrani. Avevano inviato telegrammi di adesione i deputati Augusto Battaglieri e Giuseppe Sanarelli e l’altro scultore Vito Pardo, presidente dell’”Audax Italiano”.

Questo era l’ordine del giorno proposto da Brunetta d’Usseaux nella sua circolare del 4 marzo (Lettera circolare inviata da Brunetta, data 4 marzo 1908. (ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28).

 

 

1. Resoconti del Commissario per l’Italia in ordine ai preparativi di Londra;

2. Resoconto della Corrispondenza col British Olympic Council;

3. Stato delle trattative riguardo alle eventuali facilitazioni di alloggio e vitto. Trasporto del materiale dei concorrenti;

4. Relazioni col Comitato Italiano e coi tre Membri del Comitato d’Onore ed aggiunta eventuale di altri Membri al Comitato Italiano;

5. Corrispondenza con S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione.

6. Relazioni colle Società Sportive Italiane ed informazioni sugli Enti Sportivi che hanno già inviata la loro adesione;

7. Relazioni colla Stampa Sportiva;

8. Opportunità o meno di Gare eliminatorie parziali;

9. Proposte eventuali dei Membri del Comitato per la loro organizzazione e funzionamento autonomi;

10. Concorsi e Sussidi eventuali in base ai vantaggi eccezionali ottenuti per l’Italia;

                11. Comunicazioni eventuali del Commissario.

Il primo atto fu l’approvazione del verbale della riunione tenuta l’anno prima a Milano. Il che dà una continuità al lavoro del Comitato. Che però figurava sempre privo dell’apporto dei romani, i quali piuttosto che recarsi a Genova a discutere con il Commissario per l’Italia (continuando, con questo atteggiamento, a disconoscere l’autorità del CIO), s’erano riuniti due giorni prima e steso un puntiglioso ordine del giorno. Come sempre è avvenuto nella storia i peggiori nemici degli italiani sono gli italiani stessi. In questa iniziativa si avvertiva la mano pesante della sospettosa “Federazione Ginnastica”, preoccupata di poter “passare in seconda linea in fatto d’importanza” e in quei giorni in polemica accesa con l’Istituto per l’Incremento dell’educazione fisica del senatore Lucchini.

Pur se in seno alla Federazione c’era chi, come il consigliere Scipione Ricci, rimproverava che la FGI “avrebbe dovuto prendere l’iniziativa della Confederazione di tutte le federazioni sportive” (Verbale della riunione del Consiglio di Presidenza della FGI del 6 aprile 1908. (cfr. “Il Ginnasta”, n.6-7, 15 giugno 1908, numero doppio).

In effetti la Federginnastica continuava caparbiamente a sentirsi centro di un universo nel quale brillavano ormai tanti altri soli. Quando la “Virtus Bologna” chiese il permesso di poter aderire alla “Federazione Podistica Italiana” (quella, per intendersi, lanciata dalla “Gazzetta”),

 

Il presidente della C.T. Tifi dette una risposta a dir poco sconcertante: (Verbale della riunione del Consiglio di Presidenza della FGI del 7 dicembre 1907. (cfr. “Il Ginnasta” n.1-2, 15 gennaio 1908, numero doppio). “(…) La Federazione Podistica è un ente speciale, che non potrebbe considerarsi come una vera e propria federazione accentrante intorno a sé enti minori (leggi società, nda), ma debba invece ritenersi piuttosto come un’associazione di semplici individui che si danno allo sport pedestre.

A conferma di ciò, la Federazione Podistica distingue con numeri i propri aderenti (si riferiva ai numeri di pettorale!, nda)”.

Ma il vero nemico di d’Usseaux era Compans. Fu infatti proprio il deputato piemontese, che non si recò a Genova “causa un lieve malessere”, ad organizzare la riunione romana del 16 marzo. Tradendo del tutto la fiducia di Brunetta che continuava ad inviargli, senza averne mai risposta, relazioni, lettere e telegrammi. Un bel soggetto, questo signor Compans, in cui la diffidenza era almeno pari all’ambizione personale. Lo apprendiamo da un biglietto di Guerra, che vergò gli inviti per l’inutile riunione di Roma: (Lettera di Guerra a Compans in data 15 marzo 1908. (ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28) “Eccole gli inviti con gli indirizzi; ella non deve che metterli in busta dopo averli firmati e spedirli.

Le raccomando di fare in modo che siano recapitati oggi stesso o per posta o a mano”.

L’ordine del giorno dei “romani” recapitato a tempo di corriere nelle mani del conte, si articolava in tre punti: il primo chiedeva che a far parte del Comitato fossero chiamati i presidenti delle Federazioni; il secondo auspicava una riunione a Roma con l’intervento di Brunetta per “prendere decisioni definitive sull’intervento o meno degli italiani alle Olimpiadi di Londra”; il terzo pretendeva che non venisse assunta a Genova alcuna decisione definitiva.

Era palese il tentativo di svuotare d’ogni contenuto il ruolo che Brunetta d’Usseaux stava interpretando. Ma il conte non cadde nel tranello:se il sangue guerresco dei suoi avi avesse preso il sopravvento, tutto il lavoro di paziente tessitura se ne sarebbe andato in fumo. Fu invece molto diplomatico. Tentò di ricucire con la “Federazione Ginnastica” il cui presidente spiegò, “probabilmente non ebbe notizie ufficiali in merito alla costituzione del Comitato Italiano”, circostanza dalla quale era nato “forse un equivoco facilmente dissipabile”. Ritenendo infine l’ingresso nel Comitato del presidente della FGI un “titolo d’onore per il Comitato stesso”, propose la nomina a membro del Comitato del senatore Todaro. Accettò infine la proposta di recarsi a Roma e nulla ebbe ad eccepire sul terzo punto che certo nasceva da “un desiderio di attiva collaborazione”. Propose anzi un plauso ai “componenti il Comitato residenti in Roma”. Un rapido esame degli aspetti tecnici ed organizzativi chiuse la seduta, come si diceva allora.

Il conte offrì di sua tasca due challenge da porre in palio per eventuali selezioni nella vela e nel canottaggio ed affidò a Coltelletti l’invito per il Duca degli Abruzzi a volersi recare a Londra per ritirare l’onorificenza Olimpica assegnatagli per la scalata di due anni prima al massiccio del Ruwenzori, in Africa equatoriale (il Duca degli Abruzzi non si recò a ritirare la medaglia olimpica).

Ma c’era altro. L’intervento economico di Brunetta per favorire la partecipazione degli italiani fu piuttosto rilevante, come ebbe a scrivere lui stesso a Compans qualche settimana prima dell’incontro romano (lettera di Brunetta a Compans in data 23 marzo 1908, prot. 502. (ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans,

mazzo 28).

“(…) Inoltre, gli schermidori hanno una sovvenzione di mille lire da me e so già ove trovare le altre mille lire che ancora loro occorrono; ho accordato una medaglia per la sciabola donandola all’Avv. Bozino. Il R. Rowing Club ha una sottoscrizione iniziata da me con lire cinquecento ed ho il piacere di constatare che l’Italia concorrerà al Gran Premio del Comitato Olimpico la statua di Pallas Athena in bronzo da me donata al Comitato. I Rari Nantes hanno una sottoscrizione da me iniziata con la somma di lire duecentocinquanta ed ho offerto una coppa per la Nautica. Il R. Yacht Club ha da me una coppa concorso tra gli Yacht italiani che interverranno. (…) Ma in un ottica storica l’argomento di maggior interesse affrontato nella riunione genovese fu quello di rendere permanente il Comitato, come già esempi dall’estero insegnavano.

Nella stessa lettera indirizzata da Brunetta a Compans, infatti poco più avanti si legge: “(…) L’Avv. Bozino fece una proposta che già avevi fatta nella precedente riunione, cioè quella di avere una piccola Olimpiade Italiana come quella di Grecia; gli fece osservare come questa proposta si abbottonava colla tua per Torino nel 1911. si espresse quindi il voto di un Comitato Italiano Olimpico permanente, come già funziona in Germania, Inghilterra, Grecia e Svezia, raccomandando di tenersi infuori delle Commissioni Ministeriali le quali, come quella che esiste al Ministero di Istruzione Pubblica sotto il nome dio Educazione Fisica non fu nemmeno informata dal Ministro della Comunicazione ufficiale del 1° febbraio, oppure ne prese da lui la consegna di “russare”. (…).

In materia di autonomia dello sport, il conte aveva già capito tutto. Rientrato a Parigi, a fine marzo, Brunetta – senza nulla sospettare dei magheggi del Compans- lo informò lealmente che era riuscito ad ottenere la riduzione del 50% sul costo dei biglietti sulle ferrovie inglesi, francesi ed olandesi. E lo sollecitò a qualche atto più concreto visto che “finora nulla si è ancora potuto ottenere dall’Italia” (Lettera di Brunetta a Compans in data 26 marzo 1908.( ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28). E nel contempo teneva informato d’ogni sviluppo Ballerini, che a sua volta riferiva a Compans. Contro questi intrecci da basso impero cozzava l’irruenza un po’ guascona di Brunetta.

E’ significativa al riguardo, una lunga lettera scritta a Ballerini (e che si ritrova puntualmente nel carteggio Compans) nella quale affrontava il tema dei rapporti con il gruppo dei “romani”.

Il conte ne approfittò per fare un generale ripasso della situazione, ricordando il suo ruolo di “arbitro” e che erano state mandate a Londra le iscrizioni dei canottieri, dei nuotatori, degli schermidori, dei velisti e dei “canotti automobili” (Si riferisce alle prove di motonautica che si svolsero per l’unica volta ai Giochi del 1908. le gare si tennero nelle acque di Southampton, il 28 e 29 agosto, con partenza ed arrivo dal galleggiante”Enchantress”, del locale Motor Yacht Club. Le tre prove, cui presero parte equipaggi francesi ed inglesi, erano riservate alla Classe A (Open) alla Classe B ( sotto i 60 piedi), alla Classe C (tra i 6,5 e 8 metri, peso non oltre 800kg.). Dei “canotti automobili” il conte Brunetta s’era occupato sul Lago Verbano e sulla Costa Azzurra. Se mai l’iscrizione degli italiani venne inviata veramente a Londra, non ne abbiamo nessuna traccia.), ma anche per sottolineare che cominciava ad averne abbastanza. Queste le frasi più significative della lettera: (Lettera di Brunetta a Compans.( ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28).

“(…) L’occasione si presenta favorevole per parlare del Comitato residenti a Roma.

Il loro tentativo di ostruzione, non mi stupisce perché ricordo ancora del 1904; non vi dò alcuna importanza, ed ho voluto nel mio Verbale rispondere “cortesemente” onde dare ai Signori membri Romani l’occasione di rivenirne lealmente: o restare con me o dimettersi da Membro del Comitato. Io non ho bisogno di alcuno. Ho il mio nucleo di fedeli collaboratori che mi bastano per far fare bella figura all’Italia. (…)La mia posizione di Segretario Generale del Comitato Internazionale Olimpico ( rimpiazzante il Presidente, gravemente malato), la mia posizione di Commissario per l’Italia, “arbitro” e non Membro del comitato Italiano. Il lavoro mio continuo onde l’Italia nostra non resti indietro nel progresso Internazionale dello Sport. Il pieno mio successo ottenuto per il Concorso dell’Italia ormai assicurato a Londra, fanno si che non ho a tener conto delle minuscole sbarre messemi nelle ruote. Legga questa mia lettera ai Membri Romani del Comitato e li consigli a meglio ispirarsi all’amor d Patria, od in caso contrario a dimettersi.

(…) Credano a me, mi ascoltino ed abbiano fede nella mia esperienza e nell’amore che ho del mio Paese, il quale pure mi ispira a non por mente alle piccolezze.

Farò il possibile per venire a Roma, perché vorrei dar loro la prova che io non tengo rancori, per quanto sia sopraccarico di lavoro, causa la malattia del barone di Coubertin, che mi da tutto il lavoro di Parigi e di Londra, e debbo corrispondere giornalmente coll’Europa e coll’America, ed oltre agli affari miei ho ancora tutto il piccolo sopraccarico per il matrimonio di mia Figlia, che avrà luogo il 14 maggio prossimo. Avrei bisogno di avere una o forse due Riunioni col Comitato (…), ma se posso recarmi a Torino o a Milano ove la mia assenza da Parigi non sarebbe che di tre giorni, mi è difficile venire fino a Roma (…) non ho maniera di avere risposta dal Marchese Compans di Brichanteau per quanto lo solleciti con lettere e telegrammi. Contavo di trovare in lui il bracci destro necessario, caro al Nord come ai Romani, ma comincio a credere che le sue occupazioni politiche abbiano soffocato slancio sul quale credevo di poter fare affidamento. Vorrei che si comprendesse che non abbiamo bisogno di Personaggi per il Comitato Italiano, ma di collaboratori. (…)”

Nella lettera, scritta sulla carta intestata della “Podistica Lazio”, di cui era segretario, pose l’accento sulla necessità di far entrare nel Comitato i Presidenti delle Federazioni (“(…)

E’ questione di forma; ed a delucidare gli equivoci faccia Ella il sacrificio di una visita al nostro Comitato, invitando prima ufficialmente i Presidenti delle Federazioni (…) alla riunione che Ella presiederebbe (…) ) (Lettera di Ballerini a Brunetta in data 2 aprile 1908. ( ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28). Ma intanto l’astioso gruppo romano, senza darne notizia, convocava una nuova riunione invitando anche il principe Borghese (che rifiutò “per un precedente impegno”). Più si va avanti in questa ricostruzione, più emerge la convinzione che se un Comitato Olimpico in Italia venne costituito prima della Grande Guerra, lo si deve al lavoro ostinato di Brunetta. Che malgrado gli ostacoli di ogni tipo, continuava a crederci e a lavorarci. Tanto che alla fine, malgrado tutto, il conte risolse di venire a Roma

(“(…) Ma intendiamoci: io metto tutta la mia buona volontà e disinteresse, ma bisogna che dalla parte dei Membri del Comitato vi sia una buona volontà eguale (…)”). Il suo viaggio ebbe luogo a maggio, dopo il matrimonio della figlia Nadedja, che il 14 di quel mese a vent’anni, sposò Robert de Sons marchese de Moy (“(…) non posso avere quattro giorni di assenza in questo momento, verrò quando potrò (…) ). Non mancando di lamentarsi con Ballerini della mancata risposta di Todaro ad sua lettera. (Lettera di Brunetta a Ballerini in data 8 aprile 1908. ( ACS Torino, Sez. Riunite, Archivio Compans, mazzo 28).

 

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