L’ANTICA PARROCCHIALE DI SANTA MARIA
Nell’immaginario collettivo,
questa antica chiesa
ha sempre goduto di
un posto di rilievo,
ed è chiamata dalla gente nei modi più disparati:
Santa Maria,
Madonna della Neve,
Madonna delle Vigne Calve,
Madonna delle Grazie
e forse ancora
in altri che non conosco.
Per raccapezzarci
è meglio escludere subito gli appellativi di
Madonnina
e
Chiesa delle Vigne Calve,
il primo è un vezzeggiativo d’origine
popolare
ed il secondo,
ricordando che la parola
“pla”
in dialetto
significa calvo,
è quasi sicuramente dovuta alla vicinanza colla forra
della
Roca Pla,
zona impervia un tempo coltivata a vigna.
Sottolineo
che questa
denominazione non è poi cosi strana come può sembrare,
anche a
Candia
esiste una cappella titolata alla
madonna delle Vigne
e la statua della
vergine,
raffigura la madre di Cristo col figlio
intento a mangiare
un mazzetto di fragole.
Il nome
Madonna delle Grazie,
si giustifica invece
con la presenza di un altare
con la stessa titolazione,
mentre per quanto concerne l’appellativo di
essendo questa una delle
più antiche festività dedicate alla vergine,
ritengo ricordi
l’antica
festa patronale del borgo,
mentre quella di
Santa Maria,
è la vera
titolazione della chiesa.
Per comprendere i motivi che portarono alla fondazione di questo tempio,
necessita
rammentare che
sino all’epoca napoleonica
il centro storico di Mazzè,
era inserito in un
d’origine medievale,
racchiudente
la chiesa gentilizia
dei santi Gervasio e Protasio
e la parte più antica del paese.
A quel
tempo a sud ovest del ricetto,
correva ancora una strada
detta del Fossale,
il cui andamento comprendeva il primo tratto di
Via Santa Maria,
parte dell’attuale
proprietà Occhetti
con la strada del Bòbj
e infine alcuni tratti
dei parchi delle ville la Torretta e Mon Repos,
sino alla scomparsa Via Corta,
sfociante un tempo in via Perino,
nei pressi della chiesa
dedicata a
Questo,
era l’itinerario
usato dai pellegrini
che percorrevano il ramo
della
Via Francigena
transitante per Mazzè,
provocando la nascita della
e del borgo circostante.
Da notare che i romei sulla via del ritorno,
trovavano invece ricovero nel territorio
di
Ulliaco
l’attuale Villareggia,
presso la chiesa di
Santa Maria di
Olliate
mentre i lebbrosi
si rifugiavano poco oltre,
all’interno della
chiesa di
A conferma,
la quasi totalità degli studiosi dell’area padana,
indica nell’ esistenza di una
via di comunicazione,
il motivo della nascita
di
borghi fuori le mura
atti ad ospitare i viaggiatori.
E’ facilmente
comprensibile
che la gente,
pur apprezzando i guadagni forniti dai forestieri,
non gradisse
che gli stessi
fossero alloggiati
all’interno del ricetto
e si favorisse la costruzione di
un borgo nuovo,
slegato dal tessuto urbano
originario,
in modo da evitare commistioni pericolose.
Per questo motivo sorse la
poi parrocchia autonoma
perché oltre al precipuo scopo di
assistere
i viaggiatori,
era d’impronta più popolare
di
San Gervasio
in
quanto la chiesa del ricetto,
era pur sempre
la cappella gentilizia del
Conte
e questo non favoriva l’afflusso della gente comune.
Non credo che le notizie
che indicano questa chiesa
quale luogo di ricovero
durante gli assedi
corrispondano a verità,
è possibile
che siano
state officiate messe
durante le guerre
franco-spagnole
del XVI secolo,
ma il
rifugio della popolazione
era certamente
la chiesa del martire Gervasio,
divenuta
nel corso del XV secolo,
di dimensioni sufficienti
a sopperire alla bisogna.
Altro luogo comune è il convincimento che
Santa Maria
sia stata sede
della più antica parrocchia di
Mazzè
togliendo cosi il primato
alla
titolata ai
ed alla cappella gentilizia.
Nella sua
“Eporedia Sacra”
il canonico Saroglia
segnala che le
investiture dei parroci in
Mazzè
sino al XIV secolo,
fanno sempre riferimento a tre chiese:
san Gervasio,
San
Lorenzo
e
Santa Maria,
lasciando comprendere che queste tre parrocchie hanno
avuto vita contemporanea.
E’ vero che mons. Peruzzi
nel 1585
dichiara
a proposito di
Santa Maria
“quae alias erat Ecclesia Parochialis”
ma questo non significa
che sia stata la prima
e l’unica parrocchia del
feudo.
La situazione si protrasse sino
al XVI secolo,
quando la parrocchia legata alla
chiesa di Santa Maria,
probabilmente semidistrutta,
in occasione della già citata visita pastorale di mons. Angelo Peruzzi,
fu unita a quella dei martiri
Gervasio e Protasio.
Forse le due statue in terracotta,
inserite un tempo nel
frontespizio di
santa Maria,
raffiguravano
i due legionari milanesi
ed erano
appunto il ricordo di questa unione,
ma purtroppo sono andate perse
e non si è in grado di avere conferma.
Nel corso dei secoli
XVII e XVIII,
iniziatosi il movimento migratorio verso
la pianura,
con il conseguente abbandono da parte della popolazione,
prima del
e poi di
gran parte
dello stesso perimetro antico,
la chiesa cadde in rovina.
All’inizio
del XIX secolo,
la situazione di degrado
era tale da far temere il crollo dell’edificio,
ma fortunatamente il provvidenziale intervento del
parroco Don Salvetti,
coadiuvato
dai nobili
che nel frattempo
si erano installati nelle zone
lasciate libere
dalla gente trasferita nella parte bassa del paese,
sanò la situazione
e la chiesa della Madonnina
assurse
a nuova vita.
Rimarco però
che la devozione della gente,
come testimonia
la costante cura prestata all’altare dedicato alla
Madonna delle Grazie,
non venne mai a meno,
tanto che forse fu per questo motivo che
don Salvetti
procedette a restaurare la chiesa.
Nella prima metà del XIX secolo
venne a cessare la funzione cimiteriale,
protrattasi sin dalla sua fondazione,
e
Santa Maria
assunse specificatamente
il ruolo di santuario,
tanto da custodire gli
ex-voto dei fedeli
di tutto il
circondario,
purtroppo andati persi.
La struttura architettonica
a tre navate,
di cui le due laterali tronche,
e
l’orientamento est ovest
confermano la probabile
origine
romanico-gotica
della chiesa,
databile al
XII-XIII secolo.
Alcune bifore
e gli archetti
sostenenti
il cornicione,
prospettanti sull’antica area cimiteriale,
nonché la stessa titolazione
sono chiaramente medievali,
mentre le forme neoclassiche
attuali
sono dovute al pregevole restauro
proposto da Don Salvetti
nel 1823.
Curioso il campanile triangolare
ridondante quello di
Santo Stefano di Candia,
forse a dimostrazione della colleganza delle due chiese,
entrambe sulla via
dei pellegrini.
Da sottolineare l’esistenza di un bel
prospettante sul sagrato,
a sua volta sopraelevato rispetto al terreno
circostante.
Molto particolare è un dipinto murale raffigurante la
icona molto venerata
sotto le vesti di
Madonna della Grazie.
Il disegno,
molto ritoccato,
è degli
inizi del XVII secolo
o della fine del precedente,
ma è ispirato
alla iconografia medievale canavesana,
e in origine era posto su un'altra parete,
dalla quale fu tolto quando fu costruita la cappella e l'altare attuale.”
Come nel costume del tempo
sino al 1834
a lato di questa chiesa
insisteva un cimitero,
probabilmente ad uso della gente del borgo
di
santa Maria
e per l'inumazione
dei viandanti deceduti
durante la loro sosta in paese.
Le persone di riguardo
venivano invece
inumate nel cimitero
all'interno del ricetto
adiacente
la parrocchiale dei
santi Gervasio e Protasio.
Dopo l'anno 1834
il cimitero di Mazzè
fu trasferito nel sito ancora attualmente adibito a questa funzione.
Indubbiamente la fisionomia di questa chiesa
è meno mutata di quella
della parrocchiale,
fortunatamente sono state evitate
le sovrastrutture barocche
così comuni in Piemonte
e l’impianto originario
è ancora
intuibile,
almeno per quanto riguarda le linee essenziali.
Notevole l’armonico
inserimento della chiesa
questo è un angolo di Mazzè che deve essere assolutamente
salvaguardato.
Livio Barengo
Bibliografia:
Francesco Mondino - Memorie della mia terra – Falciola, Torino – 1978
Francesco Mondino - Cenni storici sulla architettura sacra in Mazzè –
Bolognino, Ivrea – 1986
Giandomenico Serra - Scritti sul Canavese – Corsac, Cuorgnè – 1993
Aldo A. Settia - Castelli e villaggi nell’Italia padana – Liguori,
Napoli – 1990
Guido Forneris - Candia canavese, due passi e cento ricordi – Bolognino,
Ivrea - 1999