RELAZIONE DEL CAVALIER
SULL’ORO ALLUVIONALE
IN PIEMONTE
ANNO 1786
Li stati che hanno la fortunata sorte di essere sotto il Dominio della
M.S. sono stati dalla Provvidenza beneficiati d’infinite dovizie le quali
sendo ben messe a profitto ponno rendere li sudditi fràgli più felici di
qualsivoglia altra nazione. Ometterò le ricchezze che derivano
dall’agricoltura, comme quelle che dall’arti procedono, ma mi limiterò solo
ad alcune di quelle che dal Regno minerale si ritraggono. Ella è cosa
dimostrata dall’esperienza che tutta la longa serie dell’Alpi dal San
Gottardo sino al contado di Nizza, cosi la catena dell’Appennino sino alle
sorgenti del Trebbia, comprendoni infiniti dirò con indizi di miniere della
maggior parte de metalli, che le colline di trasporto adiacenti a questi monti
metalliferi ne sono pure abbondanti; quelle poi calcari come sono le colline di
Moncalieri, a Montecastello, quelle di la del Tanaro adiacenti alla catena
dell’appennino costituite di tale sostanze, ed argillose, arenarie, mescolate
di spoglie marittime comprendono zolfo, li carboni e legni fossili, qualità
alluminose e molte scaturigini salse o muriatiche, onde sono anche per tali
oggetti apprezzabili, e meritar ponno ricerche, e stabilimenti, passando sotto
silenzio tanti altri prodotti proprii per gli edifici, e per le arti.
La natura di tutta questa serie di monti varia nelle sue parti costituenti; tutto il tratto dé monti
che dalla sponda sinistra della Dora Baltea s’estende attorno al gran cimmone
del M.Rosa sino al S. Gottardo, è per lo più di sasso metallifero di graniti,
di schisti micacei e schisti
argillosi, tutti tendenti alle miniere d’oro e d’argento ed altri metalli;
tutta l’estensione che dalla dritta della Dora Baltea si estende nell’ alto
Ducato d’Aosta nella valli
principali del Ducato di Savoja cioè dall’arco dell’Isera, tutte le valli
di Susa, di Lanzo di Pragelato sono tutte di sasso scissile e serpentino proprie
alle miniere d’argento , di rame e di ferro, sebbene però in alcune
d’esse li granitici aparvino. Cosi pure nelle valli di Lucerna , di Po, Vraita,
di Magra, di Stura, di Gesso, di Vermenagna, di Pesio, d’Ellero, di Tanaro, le
Bormide, Scrivia e Staffora; cioè a dire per tutto il giro dell’alpi e degli
Apenini e sebbene tal quantità di
pietra si dimostri genericamente, non esclude però che ad altre radici de
stessi monti, oppure in circuiti particolari non ricompajano li graniti, e
schisti quarzosi che annidano le vene dell’oro come s’incontrano
nelle valli di Pont e Soana; lungo l’Arve dalle Glacieres di Chamounix,
et nelle valli di Beaufont; nelle valli di Lucerna, nella valle del Po; ai Bagni
di Vinadio; ne monti di Valaura superiormente
a Tenda; tutto quel gruppo di monti che sovrasta la valle del Tanaro; quello
compreso dalla Bormida del Cairo dal luogo di Spigno sino alle alture di Ovada;
onde non è meraviglia che l’Orba, e l’Erro torrenti che ne derivano diino
delli inizi d’oro nelle loro arene.
Era mio dovere sottoporre all’occhio illuminatissimo di V.E. l’esterior
apparenza di questi stati solo per questi riflette alla sua geografia sotterranea,
da cui ella scorge di qual importanza sii l’animare alle scoperte, l’introdurre
l’arte di eseguirle, ed il condurle colla più savia economia, mentre per ogni
parte ponno mettersi in piede stabilimenti; manifatture e fabbriche d’ogni sorta
procedenti da metalli, minerali e fossili: ciò che secondo me può divenire importantissimo
si è la ricerca ò come diciamo pesca dell’oro dalle arene dei fiumi. Ella è
cosa comprovata dalla sperienza di
tanti secoli, che dalle vanche di Rivara e Coiro
sempre continuando verso oriente a scorrere il piè de monti sino a Gattinara
al bordo della Sesia, tutti li torrenti, Riviere, rivi, rigagnoli tutti ben
esaminati danno indizi d’oro che strascinano nei principali alvei; il Mallone
e Malonetto, l’acqua d’oro ossia l’Orco, la Dora Baltea, la Chiusella, l’Elvo,
la Viona, il Cervo, la Tessera, la Sesia tutti questi fiumi
all’occasione di forti escrescenze strascinano oro quale si ferma ne
seni che s’opongono al loro corso; ed allorché le acque s’abbassano, e nelle
stagioni che li contadini non sono occupati dall’agricoltura molti attendono
a tali lavature con qualche utile. Ma se si riflette al modo
con cui s’incontra quest’oro egl’è in granicelli da
piccoli atomi, a grani ben apparenti, ed anche alla volte in trovanti, ò pepite
considerabili sempre accompagnato da un arena di ferro che la calamite attrae;
se tali lavature fossero state con più attenzione osservate diverse circostanze
di ciò sono all’oscuro sarebbero manifeste, si può però dire in genere che a
misura si fa vicino al piè de monti li trovanti in oro sono di più grossa mole
ed anche se ne incontra con matrice di quarzo assai aparente come ne fan fede
le pepite del museo dell’arsenale
di S.M. Ma ciò che desta qualche stupore si è che a misura che taluno si vuol
inoltrare nelle Valli nel vivo dei monti intieramente scompaiono gli indizi,
conseguentemente quest’oro dovrà essere ai piè dei monti, e regnare nel vivo
de strati delle pianure per una data estensione; sicché non è deduzione ardita
l’asserire che da Corio sino a Gattinara vi regna una fascia aurifera che abbraccia
li primi colli al piè degli alti monti, ed incor protandosi nelle pianure continua
per una grande estensione verso il Po. Simili indicazioni debbono trovarsi lungo
i fiumi Peles e Chisone, dalle foci del Po, ricompaiono gl’indizi d’oro nella
Valli d’Orba ed Erro e cosi quelle pianure adiacenti ne sono farcite.
Non è adunque a dubitarsi che tal disseminamento d’oro non sii
coettaneo alla formazione di tutto il suolo che costituisce la pianura
descritta; e siccome queste ebbero origine dalli sedimenti fattisi nel ritiro
dell’acque dalla gran catastrofe Diluviana, gli’è evidente nello
sfacellamento de massi di monte che in tal rivoluzione si fecero tutte le
molecole aurifere si raccolsero insieme a trovanti che costituirono la base
di tali pianure Sono di tutta antichità conosciuti l’esempi di lavature di
fiumi, ed in tutte le quattro parti del Globo. Qui in Piemonte Strabone e Plinio
ne recano notizie assai copiose; nella Transilvania li zingari ne lavano li
torrenti, e li terreni, e per non essere prolisso ometterò tutto quello che si
ha nelle memorie della Real Accademia delle Scienze di Francia sui fiumi di quel
Regno. Queste lozioni di terreni non sono limitate all’oro semplice, sono
soventi promiscue di pietre preziose, d’altri minerali e
minerali; nell’alta Ongheria si
lava il cinabro, in Sassosia a Eubenstok
l’arena di stagno, in altri luoghi il ferro, e cosi d’altri prodotti
metallifici. Si deduce adunque che il Sommo Fattore non si limitò a porre li
metalli ne monti, ma anche gli’estese nella successività delle pianure, onde
questi fortunati stati ne siano anche largamente beneficiati come s’è già
provato.
Sarà dunque conferente al mio assonto che unisca qui tutti gli’indizi
auriferi che si mostrano in tutta l’estensione delle vicinanze di Corio
comprendendovi le vaude di S. Maurizio sino a Biella, e Gattinara, e cosi tanto
più risulti l’importanza di questo oggetto, se ne risvegli la premura di
trarne partito. E onde sperar io possa che in avvenire se ne raccolgano copiosi
frutti.
Tutte le falde de monti per l’estensione sud.a constano di trovanti e
quindi si protendono con un dolce declivio sino al Po, però prima di giungervi
formano risalti, e nelle medesime pianure s’hanno rivi, rigagnoli ed acquaroni
che serpeggianti le solcano e concorrono alle inferiori parti e quindi ai
torrenti, tutte opere dell’acque che le solcano in varie guise non è dunque
da stupirsi se nelle piene de violenti temporali continuino tali corruzioni; e
siccome si vidde esser li strati d’esse pianure costituiti di terre e ciottoli
ne medesimi strati corrodendo li sfacellano, e trasferendo al basso nell’alveo
de fiumi le molecole che poi fermano in luoghi
ove regna una quiete dell’acque. Dall’osservazione fatta nelle alte
ripe de fiumi principali le quali in molti luoghi si mostrano a picco, risulta
che queste pianure sono una congerie di ciottoli, che variano a diverse
proffondità con strati di ghiarone,
di terre rosse, di arene e di qualità argillose, che buona parte di tali
ciottoli sono di un sasso analogo alla pietra de strati che costituiscono gl’adjacenti
monti, che in luogo più v’abbonda il quarzo, in altri li graniti, in altri
gli schisti. Ella è cosa ben da rincrescere che sin’ora non siasi fatto gran
attenzione alla natura de strati in tutte quelle Provincie allorché si
approfondirono pozzi d’acqua viva, il che avrebbe dato un gran lume per questi
indizii.
In Cigliano li pozzi sono
d’una profondità di Trabucchi 16 (circa 50 metri) per giungere all’acqua
viva, questi traversano una congeria continua di ciottoli, con alternative di
strati di terre, ed arene etc.
Qualora si passa il torrente Mallone inferiormente a S. Benigno si trova
una congeria di trovanti carichi di mica, concedono e Diaspri. In faccia al
luogo di Lombardore la dove le ripe di detto torrente apajono lacere vi si
scorge uno strato interrotto di terre rosse, e sembrerebbe che non avesse
sucessività, ma tal cosa è smentita dalle affezioni alle quali si soggiacciono
li strati, che formano rissalti, onde continuono in modo non interrotto. Al
villaggio di Rivarossa li terrazzani lavano le arene del torrente per ritrarne
l’oro: questi copiosi indizi s’incontrano e si protendono sotto quelle
pianure a Barbania, e Fronte r cosi continua nella vaude sud.e.
A bordo dell’Orco a Rivarolo si fa apparente uno strato ben deciso e
costante di terre rosse e continua sino a Corgnè passando questo torrente in
faccia d’Osegna nelle sue ripe alla sinistra ricompajono
li starti aurifferi li quali
sono permanenti sino al luogo di Baj, strati ben ampi, e decisi continuano sino
a Castellamonte, e si collegano colle colline che costeggiano la valle di Ky, e per sino a quel luogo dove si scavano le argille de grugiuoli,
e della Porcellana, in tal corso si soffrono interruzioni causate da terramenti,
e valancamenti. Nel luogo detto del Castelletto li strati auriferi non sono a
maggior proffondità di 2 piedi sotto il suolo vegetale, e regnano senza
interruzione. Tutti gl’adjacenti colli sono costituiti di terre arenarie, e
trovanti, sono variamente solcati e laceri; nel intimo loro si vedono trovanti
di calcedonie latée, dell’agate hijdrphane, delle arborifale di boli rossi, e
di selci di vario colore, con le rinomate terre per la Porcellana.
Dal luogo d’Agliè li strati auriferi continuano ben decisi e costanti
sino al rigagnolo detto il Dasson che separa li due colli ne quali si fece il
trafforo per condurre l’acque del nuovo canale che irriga le praterie delle
vertole; resta affatto probabile che questi strati auriferi costantemente
regnano sotto tutte quelle pianure da Osegna Agliè, S.Giorgio, Barone, Orio,
Caluso e Massè al bordo destro della Dora Baltea. E se in un cosi longo
intervallo non appaiono tali indizi si dovrà dire che li strati auriferi sono
occultati dalla congerie di sedimenti etterogenei
che costituiscono il suolo dello sud.e pianure.
Dirimpetto al luogo di Massè le ripe che costeggiano la Dora Baltea sono
altissime eccedendo forse li 102 Trabucchi di verticale (circa 300 metri. In
realtà l’altezza massima della scarpata
è di circa 150 metri) ed in vari luoghi sono tagliate a picco, ove si
scorgono li veri indizi dell’esistenza dell’oro. Ivi si può congetturare dell’immensa
molle di ciottoli sparsa su quelle campagne inferiori, che de ciottoli di
rifiuto per lo più di natura granitica, e di quarzo. In queste ripe si vedono
bocche d’antiche gallerie state spinte sotto tali pianure per lo scavamento
di tali stati li quali regnano ivi ad una vertical proffondità considerabile
sotto la superficie delle medemme.
E’ ivi grande ampiezza dello strato delle terre rosse variamente intersecato
da vene e rame di terre nere nelle quali si scorgono trovanti di quarzo, e rognoni
di Piriti, calcedonie ed altre qualità; e dunque anche fuori dubbio che nell’intimo
questi strati siano auriferi, il che ne fa vedere l’importanza, e conferma ciò
che si disse superiormente sula immanenza dello strato aurifero sotto quelle
pianure. Non mancano tali indizi nelle gran ripe di questo fiume alla dritta
salendo superiormente a detto luogo; a Vische, sotto Candia, e fino a Strambino;
e così e viceversa dal luogo di Massè retrogradando a Riva rotta sino a Verolengo
si scorrono apparenze che ponno animarvi li tentativi; tutte le lozioni ponno
farsi con facilità da che per ogni parte si ponno tagliar alvei per le acque
del fiume principale: le particelle d’oro sono dal fiume portate sino al Po
in faccia a Crescentino.
Li bordi opposti della Dora così le ripe alla sinistra sono una
continuazione dello stesso strato della dritta, ragion vuole che siano analoghe
in natura di queste, onde si può concludere che li medemmi strati auriferi che
esistono alla destra del fiume ricompajano alla sinistra, perché
l’osservazione locale rende evidente che un tempo erano contigui, e che tal
valle od interruzione ebbe origine dalla medemma cattastroffe. A Villa Reggia
che è quasi in faccia al luogo di Massè tali strati ricompaiono di bel nuovo,
e continuano sotto Moncrivello e Cigliano, passando sotto le pianure di Alice,
Cavaglià, S.yà e cosi permanenti fino al Torente Cervo, scorrendo attorno a
Salussola, longo l’Elvo sino a Biella.
Tali strati Auriferi si mostrano anche camminando contro il fiume superiormente a Villareggia, a Magliano (Maglione) Borgo Maschio (Borgomasino) e come che nel più dei siti le ripe massime sono coperte non si ponno ravvisare gl’indizi che negl’acquaroni che quando queste vengono lacerate, ne mostrano l’esistenza. Sarebbe util cosa che venisse esaminata tutta quella faccia delle ripe in cui si è condotto il nuovo alveo d’irrigazione, mentre che forse quivi a nudo si troveranno posto vantaggiosi. Che se tali indizi si fanno palesi superiormente non lo saranno meno a seconda del corso del fiume in tutte le alte ripe scendendo, a Saluggia e sin verso Crescentino. Se si desse una accurata ricerca in tutti i combali, e rigagnoli che scendono dalle colline da Moncrivello a Salussola vi si troverebbe posti meritevoli di coltura.
Da
Salussola costeggiando que colli si arriva all’Elvo ed al luogo di Cerione
al piè delle colline che si collegano alla Serra d’Ivrea; e
continuando sino a Biella in tutti i rivi che derivano da tali colli si
osservano indizi auriferi; e di più al
Cerione sì hanno gallerie spinte nel vivo de strati di que colli che furono già
ne tempi antichi condotte per l’oro; sarebbe desiderabile che venissero
evacuate. E cosi continuando a percorrere queste pianure a Occhieppo, e
Gaglianico, si arriva al torrente Viona che discende da sotto li monti d’
Oropa, per ogni parte in tutto questo tratto di manifestino le terre rosse, e
nelle straordinarie irruzioni d’acque in tutti que rigagnoli si vede
disseminata l’arena nera marziale che suole accompagnare l’oro.
A Montegrande al di la della Viona, sotto un colle aprico si vedono
bocche di gallerie al posto detto il Canei, le quali si trovano ostruite e
dall’aspetto esterno si fa chiaro che furono spinte in uno strato di terre
rosse ed argille bianche mescolate di trovanti di quarzo e calcedonie, e
granitici per scavarne l’oro.
Le lozioni dell’oro fluviabile continuano tutto l’anno sull’Elvo, e su
tutti li rivi che scorrono in tutto il tratto da Salussola a Montegrande. Occorre
qui far menzione del sito di riputasia detto il piano della
Bessa il cui terreno è coperto di montoni assai
alti ben allineati di ciottoli a diversi ranghi,
che si può congetturare sieno li rigetto delle lozioni
di quei terreni, fatte forse da Romani. Tal piano
s’estende a quasi 1/6 di miglio, è al di d’oggi deserto e sarebbe desiderabile
che vi intraprendessero ricerche in quelle vicinanze.
Il torrente Cervo che piglia le sue origini
dal Cimone di M. Marso e scorrendo per una valle
ristretta tutta di sasso metallifero viene a bagnare le mura di Biella passando
prima per un’angusta stretta di rocche
granitiche in cui l’acque sonosi solcate dalle sinuosità grandissime
dallo violento scorrervi, e quindi dilattandosi continua il suo corso
più dolce si che dopo un lungo tratto arriva al Sesia. Vi si scorgono
sotto le colline di Biella a dritta e sinistra
le stesse affezioni alla quali soggiacciono tutti li torrenti già enunciati
cioè che la dove scorre il Torrente s’ha una estesa valle costeggiata da ripe
dritte altissime che bordano le pianure di qua, e di là, che ad uno stesso livello
si corrispondono. Se dalla città di Biella si va contro il fiume nel mandamento
di Adorno, egli è costeggiato da dolci eminenze, a Tovaglia, a Picinengo, a
Cosiolla, tutte queste colline hanno il loro nucleo di graniti scoperti di strati
superficiali d’arena che si vede procedere da graniti scomposti ripieno di Schorl,
e Volfram, d’ocre, sostanze che regnano in tutta questa inferior provincia.
E cosi in tutte le pianure a sinistra del Cervo insino a Gattinara al bordo
della Sesia, e non dee recar stupore se in occasioni di forti irrigazioni d’acque,
tutti gli alvei si mostrano disseminati d’arene di ferro, e che poi si trasportino
le arene d’oro nel Cervo nel quale torrente continuamente si lava l’oro sino
ad Andorno superiormente a detto luogo cessano tutti gli indizi; onde quest’oro
fluviale non procede da vene degl’altri monti; ma bensì da colli, e ripe inferiori,
e cosi segue la stessa analogia di quella del Canavese.
Tali indizi si rendono potenti sia nel principato di Masserano come,
anche verso Sostegno, e longo il Torrente Sessera che sbocca nel Sesia al Borgo
perché tutti derivano da monti granitici che accompagnano tutto questo tratto
di Paese. E se li primi monti che da Romagnano di la della Sesia tendono a
Maggiora Borgomanero ed Arona, e cingono il lago d’Orta, sono guarniti di un
cappello Calcare non è a stupirsi che le pianure e colli che ne derivano siano
privi d’oro, però se ben si esaminano le Valli di Valduggia che rende a Borgo
Sesia, le ripe di Romagnano in questa vi ricompaiono per un certo tratto
gl’indizi auriferi.
Tutta la costiera de monti che chiude il lago Maggiore sino alla Foce
fiume che irriga l’alto Novarese, e sbocca d.o Lago in faccia alle
isole Borromee; tutto il tratto che costeggia il d.o a dritta sino al termine
del confine di S.M. sendo di monti primari granitici e schisti
Quarzosi sono proprie per le miniere d’oro, onde non recherebbe stupore
che a bordo del Lago e longo il Ticino, nelle sue alte ripe come nelle inferiori
vi regnassero indizi d’oro, e vi si potessero stabilire lozioni.
L’alto novarese si suddivide in molte valli, di cui ebbi l’onore
d’umiliare a S.M. il Re Carlo Emanuele di Gloriosa memoria, nel mio ritorno
contemporaneo dalla Germania una circistanziata relazione rimessa alla Segreteria di Guerra, è un campo
assai vasto pelle miniere d’oro. Dalle cime del S. Gottardo il Crestone delle
Alpi che lo separa dagli Svizzeri e dal Vallese protendendosi al M. Sempione, e
terminando al Cimone Massimo del Monte Rosa per ogni parte è fecondo di filoni
auriferi analoghi a quelli delle valli di Sesia che li sono adiacenti, ed alla
valle d’Agosta in Chaland. La Valle Anzasca specialmente coltiva molte fodine
d’oro in Macugnaga, e rileva dalla Casa Boromeo di Milano, scorre in essa un
Torrente detto l’anza nelle falde del monte rosa alla sinistra del Torrente sono in coltura molte Fodine tra
le quali quelle del Salto, ed il Pozzone sono le più rinomate, e molti altri
filoni che si scavano da diversi proprietari; tutti hanno concessioni od appalti
dal sud.o Principe. Il minerale si
è la marcassita e terre rosse nel quarzo; sebbene da 34 anni a questa parte
siansi moltiplicati i lavori in esse miniere, e che attualmente quello che
ritrae maggiori prodotti sia il sig. Testone, però se si darà uno’occhiata
alla mia relazione si verrà in chiaro sula loro natura. Ed in tempo già si era
proposto di convenire cola Casa Borromeo d’una cessione del diritto di tutte
queste miniere, per sottomettere tutte quelle che si scoprirebbero in tutto
l’alto Novarese ad una stessa legge onde metter in situazione l’Augusta Real
Famiglia di ritrarre buon partito
di tutte, le miniere d’oro dei suoi stati.
A metà della Valle Anzasca verso i monti di S.Carlo, e a Gondo. Al
luogo d’Arbarino furono negli antichi tempi lavorate altre miniere d’oro con
altri metalli di Piombo, e di Rame in Val Toppa, altri al Fontano nella detta
valle alla Pieve di Vergando, a Val Bona regione di Vossari d’oro, ed argento
superiormente a Vigogna; e sule altezze d’Ornavasso, di Rame al Mingiandone,
di ferro al Laidavono di cui ebbi l’onore di presentare a questa Real
Accademia delle Scienze una circostanziata relazione; seguono le valli d’Antrona
piana in cui si hanno pure Filoni in coltura per oro, indizi nella Valle di
Bugnanco, e superiormente al Forte di Domo nella valle di Vedro miniere d’oro
aperte verso il M. Sempione; nella
Valle d’Antogorio di Crodo, ed altrove posti in coltura per miniere d’oro
che furono negli ultimi tempi di qualche ricavo. L’oro in tutti questi filoni
si mostra nel quarzo e terre rosse, e nelle marcasite; egl’è nativo a piccoli
briccioli d’un titolo dalli 15 alli 17 K più o meno. Li areni de Torrenti, e
gli aquaroni che derivano dalle congerie adjacenti
ponno comprendere fra esse, onde non è stupirsi che nelle escrescenze, e
valancamenti continui che seguono sii trasportato oro longo la Toce sin del Lago
e nel Ticino. Lo stesso si dirà della Sesia dalla valle principale, e da quelle
di Vermegna, di Mastellone, e della Sessera, che più giù dee essere copiosa
d’oro fluviabile, e se forse tal oro fu men aparente nelle pesche ciò procede dall’ìesser legato ad
1/3 d’argento, che nelle terre sofre un cangiamento di colore, che da gente
rozza non può scorgersi.
Gran parte dell’oro che si dimora longo la Dora Baltea procede dalle
Valli d’Eja, e di Challand; mentre che al di sopra del M. Jovet la serie de
monti che chiudono la valle d’Agosta è costituita d’un sasso che non indica
miniera d’oro. Della prima non farò parola perché non s’hanno cognizioni
sule pesche dell’oro, ma bensì della seconda cioè di quella dell’Evansone
e de monti attigui dove s’ebbero gl’esimi incontri di trovanti d’oro puro.
Tutto il corso di questo Torrente dalla cattarata
detta la Goule du puolin sino al suo confluente nella Dora dà indizi
d’oro nelle sue arene. E cosi tutte le superficie de monti sotto il Pizon d’Arles
e di Somares manifestano tal ricco metallo; da tali premesse si può conchiudere
che li trovanti d’oro che si ebbero come incontri fortuiti traggono la loro
origine dall’epoca stessa che costituì le coperte, o terreni superficiali di
tali monti che sono presentemente quasi nello stesso modo che erano prima e
conseguentemente sarebbe
conveniente che tali superficie venissero tasteggiate, li massi di trovanti
rimossi, spezzati e lavati tutti quei terreni per ritrovarne l’oro. Ed infine
col dividere a squadre diverse pesche longo il corso del torrente Evenzone. Ne
tempi che si accudiva alla ricerche in Chaland diverse pesche
il letto del torrente Evenzone, il quale dalla Goule de puolin, sino alla
catturata di Brusecou consta d’una congerie di trovanti, di Ghiaje, argille,
ed arene che si raccolsero dalle falde laterali, e va di continuo lavato nella
rigida stagione, l’oro che si trova è al titolo di K 22, di rado con matrice
per lo più in granelli li più piccoli a guisa di lenticchie, ed anche delle
pepite di alcune once di peso ben lisce. Inferiormente al Pison de Brusecou
s’incontrò un ciottolo di quarzo di 2 libbre circa di peso tutto penetrato
d’oro che si conserva nel museo metallurgico, e sebbene siasi cercato di
ritrarre tutto l’oro dal piede di tal catterata non s’ebbe un esito
favorevole, e corrispondente all’aspettativa.
Se avessi potuto inoltrami nelle valli di Lucerna, e del Po a
riconoscere le colline che le cingono sarei in situazione d’individuare
parimenti gl’indicanti che vi si hanno sull’oro onde fissare le miniere di
trasporto ne colli costituiti di trovanti, o di rovine de monti adjacenti, nelle
pianure rilevate e nel letto de torrenti e fiumi; mi basterà solo indicarle
affinché il Governo conoscendone l’importanza dii poi col tempo le providenze
opportune per incamiramento di tali lavature. Egl’è acconcio che un simiglievole
ragionamento si aplichi alle miniere di trasporto procedenti dalle valli
dell’Erro, e d’Orba; onde basterà quanto si disse per rischiaramento di
quet’articolo.
Di tutto l’esposto ragionamento chiaro apparendo che tutti li monti
descritti, e li paesi adjacenti sono per ogni dove dottati di miniere d’oro;
si fa adunque palese che queste distinguersi debbono in miniere nel vivo dei
monti, dalle quali non è qui luogo di farne parola; in secondo luogo le miniere
di trasporto, ed in terzo luogo in fluviali. Circa le prime già le costituzioni
vi provvedono per incoraggiarne la ricerca, le altre poi non conosciute esigono
provedimenti particolari. Il primo di essi sarebbe di render palese al pubblico
tali miniere per mezzo d’una notizia in Stampa affinché tutte le popolazioni
che vi sono a portata potessero impiegare le loro ricerche, e la loro opera. Ma
questa non può aver luogo se prima con esempi locali d’attasti, e di lozioni
non si convincano. Che perciò è
conveniente che metta sotto l’occhio perspicacissimo di V.E.
che il metodo praticato sin’ora de copponi di legno, ed assetti
intagliati non è il più proprio a tal oggetto. Mentre se si tratti di ripe in
cui esista l’oro frammischiato fra ciotoli è necessario si conducano
superiormente rigagnoli d’aque. Le quali in oggi scolano infruttuosamente nel
letto de fiume, e de Torrenti, perché colla loro cascata concorrendosi il
zappamento di tali ripe aurifere se ne facci la lozione, col porvi nel corso li
ritegni necessari a fermare le parti pesanti aurifere.
A portata di esse lozioni superficiali stabilirvi Graticole, Tinelli co
suoi Crivelli, Cassoni, e tavole di lozione all’ongarese per ricavare tutto
l’oro che si ritrarebbe dopo una lozione in cascata seguita di diversi mesi.
Ad una tal opera degl’operai con badili, e tridenti separerebbero li grossi
ciottoli, o si rimuoverebbero li grossi trovanti, e quindi il rimanente separato
nelle graticole si potrebbe scernere per separarne il buono; il minuto e
frantumi tratto alle crivellazioni
produrrebbe li grani più grossi; il sottile sui lavatori darebbe tutta la
polvere d’oro; simili disposizioni di lozioni mi riserberei d’umigliarne o
dissegni a V:E.: che se tali lozioni si moltiplicassero in tutti li posti in cui
si manifesta l’oro più apparente, qual prodotto ne sarebbe sperabile.
Tutte le estensioni in cui lo strato aurifero regna sotto le pianure col
mezzo di gallerie nelle ripe si scaverebbero ed asportata dalle loro bocche
avendosi tali lavature fatte a cielo aperto; dalle medemme se ne trarrebbe gran
profitto. Convinto il pubblico dell’esistenza dell’oro sotto le pianure o
sotto li primi colli di trasporto, ne seguirebbero certamente attasti con pozzi
per giungere ai strati, e quindi converebbe appigliarsi al metodo di limitare,
con superficie determinate di un numero di Trabucchi quadrati il sito di
proprietà di ogni compagnia, come viene praticato ai Sciffen Serek ossia
miniere di trasporto in Sassonia e dalle miniere galleggianti di d.o paese, e
dell’Hasia. Tutto questo condurrebbe alla prosperità di questi Stati, alla
Gloria, ed utile benignatissimo principe che lo regge.
Oltre alle Fodine di trasporto de colli s’hanno quelle della pianura
adiacenti le quali con simiglievol metodo possono essere coltivate insinuandosi
longo le ripe alte de fiumi. Quelle poi regnassero ne bassi fondi che possono
fissare tra l’una e l’altre ripa alta de nostri torrenti li quali hanno lo
strato aurifero coperto di pochi piedi di arene, queste si trovano col fare
attasti, li quali esaminando con la navicella all’ongarese, o coi copponi se
siano auriferi allora col mezzo di
trincee ben dirette, si scaverebbe la parte feconda per passarla alla lozione,
ed a misura che si stenderebbe lo scavamento, si ricuoprerebbe il già fatto col
materiale di rigetto, ed anche in tal guisa si limiterebbero li terreni
superficiali a concessionari e spazi determinati.
Infine lozioni de fiumi, e de torrenti dovrebbero animarsi nelle
stagioni che questi sono quasi a secco o poco fluenti; ed accordare un’estesa
detterminata di corso, ed anche la libertà di scavare nel letto stesso
le arene che da sperimento si riconoscerebbero aurifere.
Dopo aver messo sotto l’occhio sagace di V.E. questi miei riflessi che
non sono suggeriti che dall’ardente desiderio di propagare una cosa di tanto
rilievo, mi rimane per ultimo di proporle quali provvedimenti potrebbero darsi
per conseguire un’esito fortunato.
Egl’è indispensabile che si scelga un soggetto il quale sii capace
d’intendere il trattamento di tali lozioni superficiali, che s’abiliti nella
cognizione di tutti gli indizi che conducono alla scoperta dell’oro; che
scorrendo tutta l’estensione che dalle ripe della Dora Torinese al Ticino, si
trova, ed internandosi in rigagnoli, aquaroni, rivi, e combali, vi fissi i posti
più convenienti per tali ricerche, onde ne stenda una circostanziata relazione.
A tal fine dee avere con lui diversi operai sia per lo scavamento ne strati
auriferi, in quelli che da terrazzani locali ne sarà anche data indicazione,
nel letto de fiumi onde possa infine per tutta l’estesa che avrà percorso
dare una esatta relazione. Ciò sendo sarà facile
poi al governo d’incaminare concessionari li quali somministrando ad
una Cassa i fondi necessari s’apiglino alla coltura di tal relazione quali
siano li siti che già presentemente sono dati in appalto, e qual ne sia il
ricavo.
Una delle più importanti condizioni a fissare, si è che tutto l’oro
che si raccoglie sii rimesso a que agenti regi che sono più a portata; e
siccome in oggi tutto l’oro che si racoglie
da pescatori viene venduto con discapito furtivamente agl’orefici più
vicini od agl’Ebrei, cosi se sia fissato con una tariffa il prezzo
dell’oncia a K. 22, 21, 20 etc
ogni collettore può ricevere la sua contempiranea mercede colla deduzione de
diritti di Signoraggio, e di batittura come
è di regola in tutti li paesi; il che incoraggia tutti a tali colture se ne
risulterà da questo un occupazione d’un numero infinito di poveri mendicanti,
che vi incontreranno la loro sussistenza. Tutto questo ha luogo per le sole
concessioni lineali cioè per le semplici lozioni del letto de fiumi, e de
torrenti.
Mi si può objettare che difficilmente si avranno le necessarie
cognizioni per questo, egl’è vero che a prima vista la cosa può parer tale,
ma se si riflette che longo di tutti li Torrenti già s’ha un numero di
volontari che attende alla pesca, questi medesimi sono già prevenuti; de luoghi
più proficui, de tempi più proprii; e degli indicanti più sicuri, sicché si
potrà sempre avere una nota di soggetti che vi si applicano. Onde poi fissare
ai medesimi le fughe di torrenti alli quali sarà permesso per la loro riuscita
è necessario che si renda ai medemmi famigliare la navicella all’ongara colla
quale meglio concentrar ponno le pagliette d’oro, e quindi le sabbie più
ricche raffinarsi a lavatori di cui se ne darebbero li disegni.
Li concessionari a terreni superficiali si stabilirebbero qualora da
risultati da esperimenti fatti nel vivo, o ne colli adjacenti
agli alti monti che sono costituiti di congerie di trovanti; o nel vivo
delle pianure, ed infine ne bassi fondi, convenga animarne compagnie; allora una
delle prime operazioni sarebbe li condurvi dal luogo più vicino un canale
d’acqua massime trattandosi di gerbidi e terreni incolti, e col mezzo di
cascate, e trincee lavare li terreni, e quindi separarne il cattivo, rittenerne
il buono con arginature; e dopo essersene fatto un fondo col mezzo d’una
lavatura stabilita a portata come dal qui gionto dissegno fare la concentrazione
dell’oro, che se moltiplicandosi li posti di coltura al longo de torrenti si
perviene a moltiplicare le compagnie. Ne seguirà un accrescimento di prodotto
in oro al bene di questa Zecca; e sarà quindi necessario che siano
stabilite le regole per il pagamento e mercede degl’operai applicati,
che questi per squadre siano divisi e le medemme condotte da caporali che vi
invoglino, e tutti siano sottoposti a Direttori locali che potranno aver
ispezione longo il corso d’un fiume. Dal qui sopra esposto e favorevolmente
riuscendo questi stabilimenti si potranno contare tante direzioni quanti ne sono
li fiumi che scorrono dalla Dora al Ticino. Tutti questi direttori avrebbero
l’obbligazione di rifferirsi a quel congresso per le miniere che la M.V.
avrebbe stabilito, al quale spetterebbe l’autenticare li pagamenti e spese che
accorerebbero in ogni settimana, a provvedere agl’urgenti; ed a ricevere il
prodotto risultato.
Egl’è infallibile che dallo movimento di estese soperficie di terreni
gerbidi colle lozioni, questi riuscirebbero più proficui per l’agricoltura,
onde anche a beneficio dello Stato. Ometto il modo di purificare l’oro sendo
cosa di cognizione metallurgica, facile da eseguire da persone perite.
Lo stesso sistema di lozioni superficiali è adattabile a quelle
superficie di monti che hanno già dato prova dell’esistenza di trovanti
d’oro, come quelle di Emarese, al di sotto del Pison di Arles nella valle d’Agosta,
e cosi negli alti monti in vicinanza del Po; nella Valle d’Orba, dove sarebbe
utile lo smuovere, e sminuzzare que massi di trovanti ne quali esiste l’oro, e
se potrebbe ricavarne anche utili prodotti colla lozione.
Da un tal general ricerca dall’alto Novarese, longo il Ticino, ed in
tutti gl’altri siti ove si ha luogo di sospettare fodine di trasporto
aurifere, riuscirà copioso ricavo.
A riguardo delle miniere d’oro che sono in coltura sarebbe conveniente
che in specie nell’alto Novarese s’appoggi ad un Reggio Cassiere di ricevere
e pagare l’oro che se li consegnerà, di tempo in tempo, in lingotti numerati,
ed individuati da proprietari, e tal pagamento sii fatto approssimante col uso
delle ponte di comparazione, affine di rittenere indietro una somma da
sboarsarsi per saldo allorché dalla Zecca ne sarà eseguito l’assaggio e
fissato il valore intrinseco che ogni quartiere potrebbe spedirsi.
Questi sono li pensieri da me compilati s’un sogetto di tanta
importanza, che desidero siano per promuovere una soda coltura all’unico
ogetto di meritare l’aprovazione compiacimento dell’E.V.
Torino li 13 Marzo 1786.
Sottoscritto.
(Accademia delle Scienze di Torino – Manoscritto n. 032. Il documento,
che rappresenta una prima bozza con alcune correzioni ed aggiunte, senza titolo
né firma, è legato in un volume assieme ad altri manoscritti di Robilant
donati all’Accademia da sua figlia Irene. Una parte dei concetti espressi si
ritrovano nel noto “ Essai geographique….” pubblicati nelle memorie della
Accademia).
Testo tratto dal Bollettino della Associazione Mineraria Subalpina,
anno XXVI, Numero 1 del marzo 1989, curato da G. Pipino. La pubblicazione
citata ha certamente il merito di aver riportato alla luce la relazione del
Cavaliere di Robilant, vecchia di più di due secoli, nella quale l’autore
cita tra l’altro Strabone e
Plinio, quali fonti autorevoli sulla localizzazione di lavaggi d’oro dei
Salassi lungo la Dora Baltea. Le notizie riportate sono molto interessanti,
specialmente per quanto riguarda la localizzazione delle aree aurifere
piemontesi, avvertendo però che il Robilant, non conosceva il fenomeno delle
glaciazioni e che perciò i dati riportati non tengono conto dal lavorio
provocato dai ghiacciai nelle varie ere geologiche.
E’ molto interessante quanto detto su Mazzè, anche se il Robilant
esagera l’altezza delle pareti del vallone prospettante sulla Dora, 102
Trabucchi sono più di 300 metri, mentre in realtà l’altezza massima della
scarpata non supera i 150, ma certificando la presenza di gallerie nella zona
dei lavaggi auriferi Salasso - Romani, cunicoli d’altronde ancora reperibili
con un po’ di buona volontà, ancora oggi.