Le miniere d’oro dei Salassi
La strada romana
"Quadrata-Eporedia"
La chiesetta
dei Santi
Lorenzo e Giobbe
La diga.
La passeggiata
è strutturata
per accedere
ai luoghi romani e preromani
esistenti nel territorio
in particolare
per visitare i resti delle
miniere d’oro
dei
Salassi
e
E' opportuno segnalare
che queste
rilevanze storiche
risultano
il
fiore all'occhiello
di un
itinerario
denominato
Questa passeggiata
però
non segue
la segnaletica posta
sul suo percorso
ma ne percorre soltanto alcuni tratti significativi.
Lasciato alle nostre spalle il
Castello
ed attraversata la piazza prospiciente la
Chiesa parrocchiale
percorriamo la
sino ad ove sorgeva l’antica
ora sostituita dalla seicentesca
facilmente riconoscibile
per il suo campanile a cipolla.
Poco oltre,
sulla sinistra,
notiamo una stradicciola in discesa
che ci condurrà alla
cappella di Santa Lucia
unica testimonianza
di quando questa
era la via
che
sulla collina
conduceva alla
Dora.
Continuando
dopo un centinaio di metri
arriviamo alla statale
che lasceremo al tornante successivo
per proseguire lungo una strada secondaria tendente a sud.
Se presteremo un po’ d’attenzione,
tra la vegetazione
potremo intravedere
risultato delle
ricerche aurifere
dei
Salassi.
Questi segnacoli
ci avvertono
che è iniziata
la zona del
Placer aurifero
creato dalla
Dora
in epoca preistorica.
Percorriamo questa via
sino ad incontrare il
qui la strada si biforca
noi prenderemo a destra
per svoltare nello stesso verso
alla prima diramazione.
Percorsi circa 300 metri
si giunge al
dove potremo
visitare
Dora.
Queste testimonianze storiche
sono inserite in
un itinerario
il cui tracciato
è opportunamente segnalato nel territorio
e denominato
Per il ritorno
esistono due possibilità,
la prima
di rifare
la strada percorsa
notando l’enorme rilevato di pietre
corrente sul lato sinistro della strada
la seconda
di imboccare
la stradina
che si inerpica a sinistra,
avvisando che quest’ultimo percorso
è disagevole
ma molto interessante,
in quanto transita per la
regione Bose
la desolata zona
delle principali
ricerche aurifere
Salasse.
L’antico storico greco
Strabone
agli inizi del
primo secolo
dopo Cristo,
ricorda:
”Il paese dei
di cui un tempo,
quando ancora erano potenti,
i
erano padroni
così come erano padroni
dei
valichi alpini.
Nella produzione mineraria
era loro di grande aiuto
il fiume
Dora
per il lavaggio dell’oro;
perciò in molti punti
dividendo l’acqua
in canaletti,
svuotavano la corrente principale.
Questo serviva
a quelli per la
produzione dell’oro
ma danneggiava gli
agricoltori
che coltivavano
le pianure sottostanti,
privati
dell’acqua di irrigazione;
il fiume
infatti
era in grado di irrigare
la terra
perché la corrente
scorreva
ad un livello superiore.
Per questo motivo
vi erano
tra le due popolazioni”
Geografia-Strabone
Libri 4-6-7.
I romani,
dopo la vittoria,
tolsero
ai vinti
il piano
e le
miniere d’oro
lasciando ai
Salassi
le montagne
e che
questo popolo
in precedenza,
ricercava
l’oro
lavando le sabbie
della Dora
tramite canali
derivati dallo stesso fiume.
Probabilmente
l’attività estrattiva
continuò ancora per qualche tempo
dopo la
conquista romana del
Canavese,
difatti
il già citato storico greco nel
V libro della sua
“Geografia”
cita testualmente
”Quanto allo sfruttamento delle miniere,
oggi non avviene più come prima,
perché quelle dei
Celti transalpini
e parimenti di quelle
dell’Iberia,
(Spagna)
sono più proficue.
Una volta invece,
quando anche a
Vercelli
c’era una
miniera d’oro,
era in vigore tale sfruttamento.”
Le analogie della regione
con la
di
Mongrando
sono moltissime
e non è azzardato presumere
che la miniera citata da
Strabone
sia quella di
Mazzè,
in quanto più vicina a
Vercelli
della
Bessa.
Se si prosegue in questo viottolo
dopo circa mezz’ora
di difficile cammino
si arriverà ad un
pilone votivo
segnalante
un quadrivio
e dopo pochi centinaia di metri
si sboccherà nella strada provinciale.
Per chi ha seguito il primo itinerario,
tornati al
pilone della Résia
non ripercorriamo
la strada dell’andata
ma svoltando a destra,
girando attorno alla cappella,
imboccheremo la diramazione a sinistra
diretta a
nord-est.
Dopo una decina di minuti
si arriverà alla
posta su un piccolo poggio.
Questa è la zona
in cui esisteva
l’antico abitato
romano-salasso,
di
Mattiacus
il cui ultimo nucleo
fu abbandonato
dagli antenati degli abitanti di
Casale
non più di
tre secoli fa.
Qui ora non rimane più nulla
salvo il ricordo
e le tracce delle
opere minerarie
intraprese dagli antichi.
Visitando la
chiesetta
ad una sola navata,
ma dotata in facciata
peraltro trasformata in
lazzaretto
nel XVIII sec.
come testimoniano
le strutture laterali,
si possono notare
e
coppi
a testimonianza della sua antichità.
Indubbiamente
questo
di
Mazzè
forse
antecedente
al X sec.,
narrando la tradizione
che sia sorto
sui resti
del sepolcro
di una nobildonna romana.
A conferma di ciò nel
1993
è stata ritrovata,
infissa nel pavimento,
una
databile al
I sec. d.C.
nella quale è ricordato
che il
sexvir Macionis
fece costruire il monumento
per sé e per la sua famiglia.
Il reperto
è ora esposto
all’interno della
chiesa parrocchiale
del capoluogo.
Lasciata l’antica chiesetta
ed arrivati alla statale,
come certamente si sarà notato,
sul fiume
esiste uno
funzionale al pompaggio
dell’acqua della
Dora
verso le pianure del vercellese.
Il complesso,
di proprietà del
Consorzio Irriguo Est Sesia
è un notevole esempio
di struttura idraulica
polivalente,
risalente ai
primi decenni del ventesimo secolo.