Le miniere d’oro dei Salassi

 

La strada romana

 

"Quadrata-Eporedia"

 

La chiesetta

dei Santi

Lorenzo e Giobbe

 

La diga.

 

 

La passeggiata

è strutturata

per accedere

ai luoghi romani e preromani

esistenti nel territorio

in particolare

per visitare i resti delle

miniere d’oro

dei

Salassi

e

l’antica via militare.

 

E' opportuno segnalare

che queste

rilevanze storiche

risultano il

fiore all'occhiello

di un

itinerario

denominato

"L'oro del Ghiacciaio"

 

Questa passeggiata

però

non segue

la segnaletica posta sul suo percorso

ma ne percorre soltanto alcuni tratti significativi.


Lasciato alle nostre spalle il

Castello

(1/A)

ed attraversata la piazza prospiciente la

Chiesa parrocchiale

(2/A),

percorriamo la

Via Perino,

sino ad ove sorgeva l’antica

Porta del Chierro

(14/A)

ora sostituita dalla seicentesca

chiesetta di San Giuseppe

facilmente riconoscibile

per il suo campanile a cipolla.

 

Poco oltre,

sulla sinistra,

notiamo una stradicciola in discesa

che ci condurrà alla

cappella di Santa Lucia

(1/E)

unica testimonianza

di quando questa

era la via

che

dal ricetto fortificato

sulla collina

conduceva alla

Dora.


Continuando

dopo un centinaio di metri

arriviamo alla statale

che lasceremo al tornante successivo

per proseguire lungo una strada secondaria tendente a sud.


Se presteremo un po’ d’attenzione,

tra la vegetazione

potremo intravedere

i grandi accumuli di pietre

risultato delle

ricerche aurifere

dei

Salassi.

 

Questi segnacoli

ci avvertono

che è iniziata

la zona del

Placer aurifero

creato dalla

Dora

in epoca preistorica.

 

Percorriamo questa via

sino ad incontrare il

pilone votivo della Résia

(3/E)

qui la strada si biforca

noi prenderemo a destra

per svoltare nello stesso verso

alla prima diramazione.


Percorsi circa 300 metri

si giunge al

sito archeologico della Ressia

 

dove potremo visitare

la strada romana Quadrata Eporedia

(8/E)

sia il tratto

in curva

 

conducente alla

Dora.

Queste testimonianze storiche

sono inserite in un itinerario

il cui tracciato

è opportunamente segnalato nel territorio

e denominato

"L'oro del Ghiacciaio".

 


Per il ritorno

esistono due possibilità,

la prima

di rifare

la strada percorsa

notando l’enorme rilevato di pietre

corrente sul lato sinistro della strada

 

la seconda

di imboccare

la stradina

che si inerpica a sinistra,

avvisando che quest’ultimo percorso

è disagevole

ma molto interessante,

in quanto transita per la

regione Bose

(6/E)

la desolata zona

delle principali

ricerche aurifere

Salasse.

 

L’antico storico greco

Strabone

 

agli inizi del

primo secolo

dopo Cristo,

ricorda:

 

”Il paese dei

Salassi

ha pure delle miniere,

di cui un tempo,

quando ancora erano potenti,

i

Salassi

erano padroni

così come erano padroni

dei

valichi alpini.

 

Nella produzione mineraria

era loro di grande aiuto

il fiume

Dora

per il lavaggio dell’oro;

 

perciò in molti punti

dividendo l’acqua

in canaletti,

svuotavano la corrente principale.

 

Questo serviva

a quelli per la

produzione dell’oro

ma danneggiava gli

agricoltori

che coltivavano

le pianure sottostanti,

privati

dell’acqua di irrigazione;

il fiume

infatti

era in grado di irrigare

la terra

perché la corrente

scorreva

ad un livello superiore.

 

Per questo motivo

vi erano

continui conflitti

tra le due popolazioni”

 

Geografia-Strabone

Libri 4-6-7.

 

I romani,

dopo la vittoria,

tolsero

ai vinti

il piano

e le

miniere d’oro

lasciando ai

Salassi

le montagne

e che

questo popolo

in precedenza,

ricercava

l’oro

lavando le sabbie

della Dora

tramite canali

derivati dallo stesso fiume.

 

Probabilmente

l’attività estrattiva

continuò ancora per qualche tempo

dopo la

conquista romana del

Canavese,

difatti

il già citato storico greco nel

V libro della sua

“Geografia”

cita testualmente

”Quanto allo sfruttamento delle miniere,

oggi non avviene più come prima,

perché quelle dei

Celti transalpini

e parimenti di quelle

dell’Iberia,

(Spagna)

sono più proficue.

 

Una volta invece,

quando anche a

Vercelli

c’era una

miniera d’oro,

era in vigore tale sfruttamento.”

 

Le analogie della regione

Bose

con la

Bessa

di

Mongrando

sono moltissime

e non è azzardato presumere

che la miniera citata da

Strabone

sia quella di

Mazzè,

in quanto più vicina a

Vercelli

della

Bessa.



Se si prosegue in questo viottolo

dopo circa mezz’ora

di difficile cammino

si arriverà ad un

pilone votivo

(10/E)

segnalante

un quadrivio

e dopo pochi centinaia di metri

si sboccherà nella strada provinciale.

Per chi ha seguito il primo itinerario,

tornati al

pilone della Résia

non ripercorriamo

la strada dell’andata

ma svoltando a destra,

girando attorno alla cappella,

imboccheremo la diramazione a sinistra

diretta a

nord-est.

 

Dopo una decina di minuti

si arriverà alla

chiesetta dei Santi Lorenzo e Giobbe

(2/E),

posta su un piccolo poggio.

 

Questa è la zona

in cui esisteva

l’antico abitato

romano-salasso,

di

Mattiacus

(7/E)

il cui ultimo nucleo

fu abbandonato

dagli antenati degli abitanti di

Casale

non più di

tre secoli fa.

 

Qui ora non rimane più nulla

salvo il ricordo

e le tracce delle

opere minerarie

intraprese dagli antichi.

 

Visitando la

chiesetta

ad una sola navata,

ma dotata in facciata

di un grazioso portico a vela

peraltro trasformata in

lazzaretto

nel XVIII sec.

come testimoniano

le strutture laterali,

 

si possono notare

inseriti nelle murature

 

moltissimi elementi romani

 

quali mattoni

 

pezzi di embrici

 

e

coppi

a testimonianza della sua antichità.

 

Indubbiamente

questo

è l’edificio più antico

di

Mazzè

forse

antecedente

al X sec.,

narrando la tradizione

che sia sorto

sui resti

del sepolcro

di una nobildonna romana.

 

A conferma di ciò nel

1993

è stata ritrovata,

infissa nel pavimento,

una

lapide marmorea

databile al

I sec. d.C.

 

nella quale è ricordato

che il

sexvir Macionis

fece costruire il monumento

per sé e per la sua famiglia.

Il reperto

è ora esposto

all’interno della

chiesa parrocchiale

del capoluogo.


Lasciata l’antica chiesetta

ed arrivati alla statale,

come certamente si sarà notato,

sul fiume

esiste uno

sbarramento

(9/E)

funzionale al pompaggio

dell’acqua della

Dora

verso le pianure del vercellese.


Il complesso,

di proprietà del

Consorzio Irriguo Est Sesia

è un notevole esempio

di struttura idraulica

polivalente,

risalente ai

primi decenni del ventesimo secolo.