

Il conte
Eugenio Brunetta d'Usseaux,
deve essere considerato
come
il vero fondatore del
movimento olimpico
in
Italia.
Anche se venne preceduto
nel tempo
dal conte Ferdinando Lucchesi Palli, e dal Duca Riccardo d'Andria
Carafa,
i due nobili napoletani,
che non hanno praticamente lasciato traccia
del loro passaggio.
L'assunto,
trova piena conferma
dall'esame della storia
sportiva del nostro paese,
per il periodo a cavallo dei due secoli.
Eugenio
Brunetta d'Usseaux
è però figura praticamente sconosciuta
all'interno
dell'universo sportivo italiano:
che pure ha sempre tenuto a conservare con
grande rispetto
le proprie memorie.
Brunetta
fu importante riferimento per il
Comitato
Olimpico Internazionale
e per undici anni
(tra cui quelli tragici della grande
guerra)
ne fu segretario generale.
Il conte Eugenio
visse prevalentemente a Parigi,
ma trascorse
anche gran parte della sua vita a
Mazzè.
Rimasto vedovo
nel maggio 1897,
acquistò i ruderi
del castello di Mazzè,
poi restaurato sfarzosamente
su suoi disegni
e dove veniva a trascorrere
i periodi di vacanza italiana.
Senza
tralasciare
qualche rapida visita
al borgo di Usseaux,
dove fece erigere a sue
spese il campanile.
Quando il conte Brunetta lo acquistò,
il castello
era in rovina:
esso venne ricostruito ed abbellito
diventando uno dei più begli edifici turriti del Piemonte.
Nel 1859,
dalla piana del castello,
Napoleone
III e Vittorio Emanuele II
osservarono la pianura vercellese che
Cavour
aveva
fatto allagare,
aprendo le dighe,
per fermare
l’avanzata delle armate asburgiche.
Il nuovo castellano
fece tornare in vita il maniero
aggiungendovi un nuovo edificio,
ospitandovi personaggi illustri,
come nel
settembre 1902
quando vi accolse
il
Conte di Torino.
Nel castello
Brunetta
aveva raccolto
una ricchissima biblioteca,
comprendente
oltre 6000 volumi,
tutti classici francesi, italiani e inglesi
(le tre lingue
che il conte parlava)
oltre ad un gran numero di libri di storia e di scienze,
argomenti che più lo appassionavano.
L’archivio del conte,
che una perizia del tribunale di Torino
eseguita negli
anni settanta precisava in
” alcuni quintali di carte”,
è andato disperso,
assieme ai preziosi libri,
nel lungo periodo
nel quale l’edificio
rimase disabitato.
Notizie
sul castello di Mazzè
vennero riportate da
“L’Avvenire del Canavese”,
in occasione dello scoprimento di una lapide
avvenuto
il 17 settembre 1911
e
dedicata ai fatti del 1859.
Il testo venne scritto dal prof. Franco Italo Bosio,
autore anche delle parole dell’iscrizione della lapide.
( Cfr.” L’Avvenire del
Canavese”, rivista mensile illustrata, Anno I, n. 9, Caluso, settembre 1911).
Per riedificare
il castello di Mazzè
occorsero molti fondi,
e di mezzi
economici
il conte Brunetta d’Usseaux
ne aveva molti.
Dovevano essi derivargli
in gran parte
dalle rendite dagli immensi possedimenti terrieri
appartenenti
alla famiglia della moglie.
In particolare dal grande feudo di Zulitzko
(Soutlizkoje
Limanskoje),
nell’antico territorio dei cosacchi Zaporoski del Dnepr,
nell’Ucraina
sud orientale in faccia del Mar Nero.


LA DOCUMENTAZIONE CHE SEGUE NON ERA INCLUSA NELLA MOSTRA FOTOGRAFICA





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