Il Pianoro della Ressia non è esondabile dalle
acque della Dora Baltea anche in presenza di piene catastrofiche, ed è
probabile sia stato un punto di sosta e di scambio già usato nel Bronzo
Finale e nella Prima età del Ferro (VIII – V sec. a C.) dai mercanti
greci e etruschi che navigavamo sul fiume diretti ai passi alpini.
Successivamente a partire del IV sec a C. il pianoro venne utilizzato dai Salassi
e dai Vittimuli per il collegamento con il vercellese e la coltivazione della
miniera d’oro (aurifodina) di Bose e di quelle della Frascheja e del Baraccone
poste sull’altra sponda del fiume.
Dopo la conquista romana del Canavese, avvenuta nel 141 a C., le tre aurifodine
furono gestite dai pubblicani romani mediante mano d’opera servile composta
da migliaia di schiavi, adottando metodi di coltivazione innovativi e più
razionali. Il Pianoro della Ressia assunse quindi la funzione di supporto e
stoccaggio dei necessari rifornimenti provenienti dalla Dora Baltea.
Nel corso della seconda metà del I secolo a C. il Senato romano decise
l’abbandono delle miniere d’oro in Italia, e la coltivazione nelle
tre miniere di Bose, della Frascheja e del Baraccone ebbe termine. Di conseguenza
il Pianoro della Ressia perse molta della sua importanza, forse mantenendo unicamente
quella di punto di trasbordo sul fiume per personaggi diretti verso il vercellese
o viceversa.
Come testimonia una banchina romana lunga circa 150 metri ritrovata nell’anno
1977 nella Dora Baltea a Eporedia (Ivrea), in epoca imperiale i romani resero
il corso del fiume sino al Po navigabile alle chiatte che trasportavano i minerali
estratti in Valle d’Aosta o le merci provenienti dalla Gallia. Il Pianoro
della Ressia, quale punto mediano tra Eporedia ed Industria (Monteu da Po),
prese quindi nuova importanza come luogo di sosta, di deposito e di mercato
delle merci destinate al Canavese e al Vercellese.
Reperti ritrovati in loco:
- Monete romane di periodo imperiale (II-III sec. d.C.).
- Particolari in ferro testimonianti il transito di carri.
PIANORO della RESSIA - PARTE SECONDA
Dopo il IV secolo d.C., con il deteriorarsi della rete
stradale romana, il trasporto delle merci a mezzo di carri trainati da animali
diventò sempre più problematico. Alla fine del V secolo d.C.,
il trasporto delle merci avveniva solo più tramite carovane di cavalli
o di muli, usufruendo per quanto possibile delle antiche strade imperiali, e
navigando sui fiumi dove possibile.
Nel IV secolo d. C. il Pianoro della Ressia, per merito della costruzione, forse
su ordine dell’imperatore Flavio Valentiniano, di una strada militare
collegante Quadrata a Eporedia, rinvenne a nuova vita quale punto di sosta e
di mercato delle merci provenienti dal cabotaggio sulla Dora Baltea.
Le nuove funzioni e la necessità di un collegamento con la strada militare
sita su un terrazzamento più elevato, costrinse ad adattare al transito
degli animali da soma il fondo di un canale su rilevato dell’aurifodina
di Bose, mantenendo questa funzione per tutto l’alto medioevo (IV –
X sec. d.C.). Di conseguenza sul Pianoro della Ressia si sviluppò un
centro formato da abitazioni in muratura e provvisorie, muri di fortificazione
e forse anche strutture più complesse. E’ anche possibile che,
data la sua importanza, in questo pianoro abbiano avuto sede presidi prima bizantini
e poi longobardi.
Reperti ritrovati in loco:
- Monete tardo imperiali trasformate i pendagli per collane.
- Sigillo in piombo.
- Frammento di una medaglia in bronzo cesellato di origine bizantina.
- Fondazioni in pietrame per strutture stabili e provvisorie e resti di opere
di fortificazione.
- Oggetti in ferro a testimonianza del transito di carri e di animali da soma.
STRADA dal PIANORO della RESSIA alla VIA MILITARE
Dopo il I sec. a C., con la fine della coltivazione
della aurifodina di Bose, molti fondi dei canali sopraelevati posti alla sommità
dei conoidi antropici furono trasformati in strade. Basti pensare che la stessa
provinciale Caluso – Cigliano, nella sua discesa verso la Dora Baltea, fu in origine costruita alla sommità di uno di questi conoidi.
Oltre alla poca larghezza, generalmente non superiore a 3 piedi (circa mt. 1,20),
queste strade non erano dotate di sottofondi adeguati e non potevano essere
transitate da carri dotati di ruote cerchiate in ferro. Però dopo il
V secolo d. C., quasi scomparso il traffico veicolare, questi nuovi itinerari
si rivelarono più che sufficienti a sostenere il passaggio di carovane
di animali da soma.
In questo caso è’ doveroso riconoscere che in un primo tempo, pur
nella considerazione che nel presunto basolato (selciato) risalente la collina
non esistevano tracce di cavità causate dal transito di carri, lo si
attribuì quale parte della Via militare Quadrata - Eporedia. Successivamente,
per merito del dott. F. Gianotti, si comprese quali erano le modalità
della coltivazione dell’aurifodina di Bose e si poté concedere
a questa strada una funzione più consona.
INSEDIAMENI AVVENUTI NEI CORSI DEI SECOLI SU DI UN PIANORO SOVRASTANTE L'AUROFODINA
PIANORO a QUOTA + 237 mt. s.l.m.
Questo pianoro è situato lungo
la strada che percorreva il fondo del canale su rilevato, collegando il Pianoro
della Ressia alla via militare Quadrata – Eporedia. In particolare questo
luogo ha tali peculiarità da poter essere considerato uno dei possibili
siti di stanziamento dei celti della cultura di Halstatt B, emigrati dalla Renania
alla fine del Bronzo Finale e la prima Età del Ferro (sec. VIII –
VI a C.) in Canavese. Le ricerche effettuate hanno messo in luce che il pianoro
è stato oggetto, se non di stanziamento, almeno di una costante frequentazione
prima da Salassi e da romani e poi da locali sino all’alto medioevo. Considerata
la vicinanza, è possibile che al tempo della coltivazione dell’aurifodina
di Bose, questo pianoro e quello della Ressia fossero le due parti dell’abitato
di Mattiacu.
A testimonianza della sua importanza le funzioni di questo sito nel corso del
tempo furono molteplici: villaggio in epoca Salassa, centro direzionale dell’aurifodina
di Bose in epoca romana, luogo di controllo in epoca medievale e in ultimo sede
di una guarnigione sabauda durante la II Guerra d’Indipendenza.
Reperti ritrovati in loco:
- Torque in bronzo martellinato databile al III secolo a C. e altri oggetti
risalenti allo stesso periodo.
- Monete romane repubblicane e del periodo imperiale.
- Decine di punte di freccia medievali conficcate nel bastione in terra contornante
il pianoro, testimonianti un avvenuto assalto.
- Sono anche presenti muricci in pietrame senza legante, tratti basolati e tumuli
non sondati attribuibili a tombe, nonché una gran quantità di
massi di diverse dimensioni lavorati dall’uomo. Destano notevole curiosità
i massi precipitati nel calanco al confine nord del sito.
Questo è senz’altro un luogo in cui le ricerche devono essere proseguite.
STRADA ROMANA dal PIANORO della RESSIA alla DORA BALTEA
Questa strada fu costruita usufruendo di una buona tecnica,
in special modo per quanto concerne il tratto in curva, realizzato tenendo conto
che doveva essere percorso da carri in arrivo dal fiume quasi privi di abbrivio,
e la conseguente creazione di uno svincolo, indispensabile per evitare un pericoloso
incrocio tra chi scendeva e chi saliva.
Altri fattori utili ad attribuire al manufatto un epoca di costruzione sono
la posa lungo il margine destro verso fiume della carreggiata di grossi massi
per contrastare le periodiche piene della Dora Baltea, la larghezza e i basolati
incuneati a forza nel sottofondo. Tutto ciò rende possibile attribuire
l’ epoca di costruzione di questa strada al I o al II secolo d. C., probabilmente
momento in cui la Dora Baltea fu resa navigabile tra Eporedia
e Industria. Non è però da escludere che il tracciato orginario
possa risalire al periodo della gestione romana dell’aurifodina di Bose,
e successivamente modificato.
Questa strada aveva il compito di collegare la Dora
Baltea con il Pianoro della Ressia, il che conferma la sua funzione di mercato
e di luogo di sosta, poi evidentemente le merci proseguivano il viaggio sino
a destinazione a mezzo di animali da soma.
Reperti ritrovati in loco:
- Notevoli tracce della riparazione delle cavità creatisi a causa del
transito di carri mediante la posa di frammenti di embrici e di mattoni.
- Oggetti in ferro legati al transito.
Quando venne alla luce, pur tra molti dubbi, si attribuì
a questa struttura la funzione di guado atto a superare la Dora Baltea, tanto
più che il sito era stato usato dai locali sino a tempi recenti quale
comodo accesso al greto del fiume. Con la scoperta a Ivrea di una banchina romana
nella Dora Baltea e la certezza che, in epoca imperiale, il fiume fosse navigabile sino al Po, si iniziò a comprendere che la funzione di questa struttura,
pur non escludendo a priori la funzione di guado, fosse quella di punto d’
attracco per i natanti. Probabilmente in origine limitando l’ attività
a traghetto tra l’aurifodina di Bose e quelle della Frascheja e del Baraccone.
La scoperta di chiodi in bronzo usati per le riparazioni delle imbarcazioni
confermò la tesi, concedendo a tutto il sito della Ressia un’importanza
impensata.
Non si è in grado di evidenziare con certezza quale tipo di struttura
fosse presente. Considerato che al termine della strada si notano nel fiume
decine di massi, probabilmente resti di una sorta di molo, è possibile
che in epoca imperiale esistesse lateralmente una darsena, ora interrata, per
ospitare i natanti attraccati.
Reperti ritrovati in loco:
- Chiodi in bronzo
- Consistenti tracce delle riparazioni avvenute