ITINERARIO
"L'ORO DEL GHIACCIAIO"
Passeggiata tra
Antiche miniere d'oro
a cielo aperto
di Mazzè
ATTENZIONE:
ALCUNI TRATTI DELL'ITINERARIO
"L'ORO DEL GHIACCIAIO"
NON SONO ACCESSIBILI.
PER INFORMAZIONI
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Torino
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Alessandria Asti e Cuneo
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Biella Novara Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
Quaderni
di Archeologia del Piemonte
Torino 2021
Quaderni
di Archeologia del Piemonte
Torino 2022
NOTE IMPORTANTI RILASCIATE DALLA
SOVRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DEL PIEMONTE
Perché risulta importante questa nuova interpretazione fornita dalla sovrintendenza archeologica del Piemonte?
Alla luce dei nuovi fatti, si può ipotizzare che nei pressi del sepolcreto esistesse una villa rustica, residenza del seviro e della sua famiglia. Sui motivi che indussero il seviro a stabilire la sua residenza e quella della sua famiglia in un luogo cosi distante da Eporedia si possono formulare varie ipotesi, però ricordando la presenza in loco delle aurifodine di Bose, della Frascheja e del Baraccone, la più plausibile è quella che il seviro fosse il gestore del complesso aurifero, un’attività da cui ricavava indubbiamente un reddito consistente, tanto da indurlo a costruire nelle vicinanze delle miniere una villa e un sepolcreto.
E IN GENERALE SUL RUOLO RICOPERTO DA TUTTO IL COMPLESSO ARCHEOLOGICO
IMPORTANTE PUNTO DI RIFERIMENTO
CA 11 – SITI DI INTERESSE ARCHEOLOGICO
“DEPOSITO NAZIONALE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI E PARCO TECNOLOGICO”
Lungo il tracciato dell'itinerario
sono presenti dei
CODICI QR
che offrono l'opportunità di approfondire vari argomenti
PER CHI POSSIEDE UN LETTORE DI CODICE QR
INDICE GENERALE
ATTENZIONE TRACCIATO TEMPORANEAMENTE MODIFICATO
1)L'ANFITEATRO MORENICO DI IVREA
3) INDICAZIONI STRADALI PER RAGGIUNGERE IL LUOGO DI PARTENZA DELL'ITINERARIO
4) RELAZIONI STORICO-SCIENTIFICHE SULLE AURIFODINE, A CURA DI FRANCO GIANOTTI E
5) APPUNTI SULL'AURIFODINA DI CASALE DI MAZZE':
MORFOLOGIA, CENNI STORICI, LETTERATURA, STRUTTURA E
TECNICA DELL'ESTRAZIONE DELL'ORO, APPROVIGIONAMENTO DELL'ACQUA,
6) LA VIABILITA' NELLA PERTICA EPOREDIENSE (DI IVREA) / STRADA ROMANA IV SEC. A.C.
9) IL CASTELLA FORTIFICATO IN REGIONE RESIA
13) DIMENSIONI DEL GIACIMENTO -
CALCOLO PRESUNTO DELL'ORO ESTRATTO
15) FORMAZIONE DELLE CERCHIE MORENICHE
I GIACIMENTI D'ORO PRIMARI E SECONDARI
17) EVOLUZIONE DEI DEPOSITI AURIFERI
18) SFIORATORI E SCARICATORI GLACIALI
19) BACINO GLACIALE DELLA DORA BALTEA
20) STRUTTURA LOBATA DEL GHIACCIAIO BALTEO
21) AZIONE EROSIVA E DEPOSIZIONALE DEL GHIACCIAIO BALTEO
22) PALEOALVEO DELLA DORA BALTEA
23) ANALISI GEOMORFOLOGICA DEL GIACIMENTO
E TECNICA DI SFRUTTAMENTO DEL GIACIMENTO
25) CANALI DI LAVAGGIO E CANALI SU RILEVATI
27) LA STORIA DELLE AURIFODINE,
DALL'INTERESSAMENTO DEL REGNO DI SAVOIA
CON LE RELAZIONI DI DON PIETRO SOLERO
CARTINE GEOGRAFICHE E STRADALI,
32) COLLEGAMENTI AD ALTRI SITI
USCITI SU RIVISTE SPECIALIZZATE,
SULLE AURIFODINE DI CASALE DI MAZZE'
COME ARRIVARE AL PUNTO DI PARTENZA DELL'ITINERARIO
(PIAZZA DELLA REPUBBLICA SEDE DEL MUNICIPIO)
(relazioni molto approfondite)
Franco Gianotti
geologo
ha studiato approfonditamente
la Bessa
fino a risultarne
il più autorevole
esperto conoscitore.
Attualmente
sta cercando
di risolvere
la complessa
storia geologica
dell'Anfiteatro morenico di Ivrea
sulla scia di illustri studiosi quali
Luigi Bruno di Ivrea, Baretti, Novarese, Federico Sacco e,
molto più recentemente,
del suo maestro
Francesco Carraro.
LE AURIFODINE DI MAZZE' NEL SETTORE FRONTALE ESTERNO
DELL'ANFITEATRO MORENICO DI IVREA
dell'Anfiteatro Morenico di Ivrea
NOTE STORICHE
DI
LIVIO BARENGO
CON RIFERIMENTO PARTICOLARE
ALLA STORIA LOCALE
NOTE DI CARATTERE MORFOLOGICO
CENNI SULLA TECNICA DELL'ESTRAZIONE DELL'ORO
E SULLA LETTERATURA
INTERESSATA ALLA RICERCA DEL PREZIOSO METALLO
Livio Barengo
scrittore, storico ed appassionato archeologo.
Ha pubblicato nel 1998
Signore di Mazzè.
Un europeo del XV secolo"
" Ypa, Morrigan Salassa"
nel 2002,
" La stirpe di Ypa, ovvero la nascita del Canavese"
ed
" Eugenio Brunetta d'Usseaux. Il fondatore del movimento olimpico in Italia "
quest'ultimo in collaborazione con
Danilo Alberto e Mario Fogliatti
nel 2006. Del 2010 è invece
" Racconti fantastici, storie popolari del Canavese e di altre terre"
illustrato da pittrice Anna Actis Caporale
.
Nel 2012
" Le stelle negli occhi. Ricordi di emigranti canavesani nel primo Novecento "
. Ultima fatica è il libro " Mazzè, porta del Canavese "
Il saggio tratta sostanzialmente della storia di Mazzè
vista non a livello locale,
ma nell'ambito dei potentati
di cui il paese ha fatto parte
nel corso dei secoli
a partire
dall'epoca Salassa
sino a giungere alla seconda guerra mondiale.
È tra i fondatori delle associazioni
“ F. Mondino ”
e
Mattiaca
ed è presidente di quest'ultima
mentre dal 2009 al 2013
è stato presidente di
Via Romea Canavesana
che ha contribuito a creare,
venendo eletto poi presidente emerito.
STRUTTURA DELL'AURIFODINA DI CASALE DI MAZZE'
E TECNICA DELL'ESTRAZIONE DELL'ORO
APPROVIGIONAMENTO DELL'ACQUA NECESSARIA ALL'AURIFODINA
(CON PARTICOLARE RIFERIMENTO
ALLA PRESENZA DI UN TRATTO DI STRADA ROMANA
DEL IV SEC. D.C.
"NEL SITO ARCHEOLOGICO DELLA RESIA")
Giorgio Cavaglià, storico ed archeologo canavesano, ex docente di Storia e Letteratura Italiana.
La sua pubblicazione "Contributi sulla romanità nel territorio di Eporedia" - Gruppo Editoriale Tipografico - 1998, può a ragione esser considerato il testo di riferimento per gli studi archeologici in territorio canavesano.
Notevoli i suoi contributi in articoli e pubblicazioni che spaziano dal periodo neolitico fino all'età medievale.
E' stato vice presidente per il territorio canavesano di "Via Romea Canavesana Onlus".
LA VIABILITA' NELLA PERTICA EPOREDIENSE
LA STRADA ROMANA "EPOREDIA-QUADRATA"
IPOTIZZATA DA GIANDOMENICO SERRA
LA STRADA ROMANA "EPOREDIA QUADRATA"
TUTTO QUELLO CHE VUOI SAPERE SULL'ITINERARIO
"L'ORO DEL GHIACCIAIO"
E IL
"SITO ARCHEOLOGICO DELLA RESIA"
GLOSSARIO
GLOSSARIO DEI TERMINI GEOLOGICI
DIMENSIONI DEL GIACIMENTO
CALCOLO PRESUNTO
DELL'ORO ESTRATTO
CARTA D'IDENTITA' DEL GIACIMENTO
NELLE AURIFODINE DI MAZZE' E VILLAREGGIA
QUANTO ORO INVECE VENNE ESTRATTO ALLA BESSA?
AURIFODINE DI MAZZE', PERIMETRO GENERALE (CARTINA RICAVATA DA IGM)
LE ERE GLACIALI
La documentazione riportata qui sotto,
è in gran parte ricavata dal catalogo della mostra:
"L'impronta del Ghiacciaio"
Anfiteatro Morenico di Ivrea
un unicum geologico
Mostra allestita dall'EcoMuseo Anfiteatro Morenico di Ivrea
COME SI FORMANO LE CERCHIE MORENICHE
COME SI FORMANO LE CERCHIE MORENICHE
COSA SONO E COME SI FORMANO I PLACER AURIFERI
LA FORMAZIONE DEI PLACER AURIFERI
L'EVOLUZIONE DEI DEPOSITI AURIFERI DELLA BESSA E DI MAZZE'
L'OPERA FONDAMENTALE SVOLTA DAGLI
SFIORATORI
E DAGLI
SCARICATORI GLACIALI
IL BACINO GLACIALE
DELLA DORA BALTEA
DURANTE LE GLACIAZIONI
IL BACINO GLACIALE DELLA DORA BALTEA DURANTE LE GLACIAZIONI
GHIACCIAI ATTUALI DELLA VALLE D'AOSTA
GHIACCIAI ATTUALI DELLA VALLE D'AOSTA
LA STRUTTURA LOBATA DEL GHIACCIAIO BALTEO
LA STRUTTURA LOBATA DEL GHIACCIAIO BALTEO
L'AZIONE EROSIVA E DEPOSIZIONALE
DEL GHIACCIAIO BALTEO
(FORMAZIONE DELLA SERRA, MORENA LATERALE SINISTRA,
LA COSTA CANAPRE, MORENA LATERALE DESTRA
E LA PARTICOLARE AZIONE ESERCITATA DAL GHIACCIAIO
IL PALEOALVEO DELLA DORA BALTEA
IN PROSSIMITA' DELLE
AURIFODINE DI CASALE DI MAZZE'
IL PALEOALVEO DELLA DORA BALTEA
Analisi geomorfologica del giacimento e
tecnica dello sfruttamento adottata dai Romani
DEL BACINO PRINCIPALE RACCOLTA ACQUA
COSA SONO I CANALI SU RILEVATI
LA STORIA DELLE AURIFODINE
LA RICERCA DELL'ORO NELL'AMI
PRATICATA PRIMA DAI SALASSI
E SUCCESSIVAMENTE DAI ROMANI
DALLO STORICO GRECO STRABONE (64 A.C.)
AL GENERALE BENEDETTO SPIRITO NICOLIS CAVALIERE DI ROBILANT, (1763)
DON PIETRO SOLERO DESCRIVE LE MINIERE D'ORO DI CASALE
DON SOLERO: LA STORIA DI TONENGO CON RIFERIMENTO ALL'ESISTENZA DELLE MINIERE D'ORO
LA STORIA DELLE AURIFODINE IN TAVOLE A FUMETTI
L'ABBANDONO DELLE MINIERE D'ORO ITALIANE
RILEVANZE ARCHEOLOGICHE
IL GIACIMENTO DI RIFERIMENTO
LA BESSA
GUIDE
CARTINE E MAPPE
DELL'ITINERARIO
"L'ORO DEL GHIACCIAIO"
GUIDA AI SITI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE
DELLE AURIFODINE SALASSO - ROMANE
Breve descrizione dei punti di maggiore interesse presenti lungo l'itinerario
"L'oro del Ghiacciaio"
Le tracce della presenza Romana e Longobarda.
TUTTE LE IMMAGINI
DELL'ITINERARIO
"L'ORO DEL GHIACCIAIO"
SOTTOPOSTA AL TAGLIO DEGLI ALBERI
COLLEGAMENTI AD ALTRI SITI
LE AURIFODINE DI CASALE DI MAZZE'
L'ANFITEATRO MORENICO DI IVREA
LE AURIFODINE DI MAZZE' DI FRANCO GIANOTTI (PDF)
PARLANO DI NOI
IL GRUPPO ARCHEOLOGICO TORINESE IN VISITA ALLE AURIFODINE
Nell’inverno del 1997, ricerche intraprese in regione Resia del Comune di Mazzè da un gruppo di membri dell’associazione F. Mondino sotto la guida del prof. G. Cavaglià, portarono al ritrovamento di un tratto di basolato (1) antico in curva che conduceva ad un guado sulla Dora Baltea. Nei mesi successivi si scoprì poco oltre un altro tratto di selciato romano, questa volta con andamento rettilineo, costruito su un rilevato palesemente più antico.
Nel corso delle ricerche la morfologia dell’ambiente circostante, presentando moltissime similitudini con la Bessa di Mongrando, destò nei ricercatori notevole interesse e consigliò di eseguire dei sopralluoghi più approfonditi. Al termine fu evidente che l’antropizzazione aveva seguito delle fasi che andavano dall’ Età del Ferro sino al XIX secolo, ma le motivazioni restarono in parte incomprensibili, e non furono chiarite che una decina di anni dopo per merito degli studi del dott. Franco Gianotti sulla geologia dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea.
Il dettaglio cronologico dell’antropizzazione del sito può essere sinteticamente riassunto in cinque fasi principali:
Per merito della presenza dell’unico guado sulla Dora Baltea tra Ivrea e il Po, si insedia nella zona la popolazione celto-ligure dei Salassi che inizia la coltivazione dei lavaggi auriferi, proseguita dopo la conquista dai romani, sino all’abbandono delle miniere avvenuta nella seconda metà del I secolo a.C.. Contemporaneamente, su un terrazzo fluviale nei pressi del guado, nasce un piccolo centro funzionale all’aurifodina ed al controllo del transito sul fiume.
Stante la navigabilità della Dora Baltea, transitano sul fiume barche a fondo piatto colleganti il Po con Eporedia (Ivrea). E’ assai probabile che in questa fase le strutture del guado siano state usate anche come attracco delle imbarcazioni (I – II sec. d. C.).
Costruzione della strada militare Quadrata – Eporedia (IV sec. d.C.), probabilmente avvenuta inglobando tratti di strade locali già esistenti ed usufruendo dei conoidi di deiezione e delle vallecole dell’ aurifodina come comodi passaggi per raggiungere agevolmente il terrazzo alluvionale sovrastante.
Interruzione della strada militare in epoca Longobarda in funzione anti franca, con opere di fortificazione del guado e del sito già sede di un insediamento Salasso, legato alla coltivazione dei lavaggi auriferi e al controllo del passaggio sia sulla strada che sul fiume (VI-VIII sec. d. C.).
Scontri tra difensori stanziati nel luogo fortificato dominante la strada e aggressori provenienti dal Vercellese, probabilmente Ungari, sec. IX – X d. C..
Fortificazione della linea della Dora Baltea avvenuta durante la seconda guerra d’Indipendenza (anno 1859), a difesa dalle truppe austriache provenienti dal vercellese. Nello stesso luogo già adibito a difesa in epoca antica viene stanziata una piccola guarnigione e probabilmente collocati dei cannoni in batteria.
A suo tempo i ritrovamenti furono immediatamente segnalati alla Soprintendenza Archeologica del Piemonte e segnatamente al dott. F.M. Gambari, allora funzionario di zona dell’Ente, personaggio già noto in quanto anni prima era intervenuto al momento della scoperta delle Stele Funeraria ora collocata a Mazzè in Piazza Repubblica.
I vari accessi del Gambari e di altri funzionari non portarono ad un risultato definitivo, tanto che le incertezze proseguirono sino all’anno 2006, quando, per merito degli studi del geologo dott. Franco Gianotti, si comprese qual’ era effettivamente la geomorfologia delle aurifodine di Casale di Mazzè. Le conseguenti relazioni dello steso Gianotti e quella di carattere spiccatamente archeologico della dott.ssa Antonella Gabutti, certificarono quindi in maniera definitiva l’importanza storico-archeologica delle aurifodine di Casale di Mazzè. Conseguentemente la Soprintendenza Archeologica del Piemonte sollecitò il Comune di Mazzè ad apporre un vincolo di tipo archeologico a tutta la zona in cui era ancora possibile il recupero delle antiche aurifodine.
Percorrendo la provinciale Caluso - Cigliano sul versante di Mazzè, in direzione del ponte sulla Dora Baltea, nei pressi della chiesetta dedicata ai santi Lorenzo e Giobbe si possono ancora osservare tracce di scavi e di accumuli di pietrame gettato alla rinfusa, testimoni delle antiche opere minerarie a cielo aperto coltivate prima dai Salassi e poi dai Romani.
Al momento la zona interessata dall’antica aurifodina non è stata ancora definitivamente delimitata, specialmente per quanto concerne Villareggia, ma grosso modo sul versante di Mazzè essa comprendeva tutta l’area tra la provinciale Caluso Cigliano a nord, la strada Mazzè – Rondissone a ovest, la cascina Gabriella a sud e l’alveo della Dora Baltea a est. In questa zona sono ancora osservabili, oltre agli evidentissimi resti di scavi, i canali adibiti al lavaggio del placer aurifero, i grandi collettori (vallecole) e i conseguenti conoidi antropici di deiezione che convogliavano i liquami di risulta nella pianura alluvionale sottostante.
Complessivamente l’area interessata dall’aurifodina sul solo versante di Mazzè aveva una superficie di circa 1,5 Kmq, e altrettanto estesa era la parte di giacimento dall’altra parte del fiume nel Comune di Villareggia. Il placer (2), della potenza media di circa 80/100 cm, era collocato alla quota di circa 235 /240 mt s.l.m. (ora la Dora Baltea scorre 30/35 metri più in basso) e il sito meglio conservato, ovvero quello di cui è auspicabile il recupero perché più evidenti le tracce della antica attività estrattiva, risulta essere quello tra la provinciale e la cava Campagnetti, area di quasi al 50% di proprietà comunale.
Per completezza si ricorda che all’estremo sud del giacimento, nei pressi della centrale di pompaggio del Consorzio Irriguo di Chivasso, esisteva in antico un piccolo centro abitato, poi denominato San Pietro in epoca medievale, andato distrutto a causa delle scorrerie Ungare e Saracene nel X secolo. Dai reperti rinvenuti da don Pietro Solero negli anni trenta del XX secolo e da quelli donatici a suo tempo dai contadini, ora riposti nella bacheca della sala consiliare comunale, non pare sostenibile che questo abitato fosse funzionale alle aurifodine, ma derivasse da una “villa rustica” di finalità agricole.
Durante il III millenio a.C. infiltrazioni di genti provenienti dalle rive del Mar Nero, sicuramente in precedenza venute in contatto con la Mesopotamia, giunsero nelle nostre regioni portando con sé un tipo di cultura che comprendeva la metallurgia del rame e l’erezione di stele antropomorfe. Lo scopo di questi stranieri era quello di raggiungere le Alpi dove speravano esistessero miniere di rame, metallo da loro conosciuto perché usato per le armi dei guerrieri, spesso mercenari presso le città-stato mediorientali. Per garantirsi la protezione degli dei, negli stanziamenti creati sul loro cammino, i nuovi venuti eressero monumenti e tombe megalitiche, e, merito non indifferente, contribuirono a diffondere la tecnologia del rame anche nelle nostre terre.
Poiché i più comodi itinerari di penetrazione erano i fiumi, le testimonianze della loro presenza vanno ricercate lungo i corsi d’acqua, luoghi ideali per tracciare sentieri e creare punti di scambio con le popolazioni locali. Fortunatamente lungo il corso della Dora Baltea, con il recente ritrovamento delle due stele di Tina, frazione del Comune di Vestignè, si è in grado di dimostrare che il fiume era uno degli itinerari percorsi da questi viaggiatori, ed è possibile seguire il loro cammino sino a saint Martin di Corleans, località nelle vicinanze di Aosta.
Come già detto Il motivo principale che spingeva questi personaggi a recarsi in terre sconosciute era la ricerca di metalli. E’ quindi facile cogliere l’assonanza con il mito degli Argonauti, gli intrepidi che, sotto la guida di Giasone, andarono alla ricerca del Vello d’Oro (una pelle di animale attraverso la quale venivano filtrate le sabbie dei fiumi). D'altronde, come dimostrato a Saint Martin de Carleans, il rito che precedeva l’elevazione delle steli megalitiche consisteva nell’aratura del terreno circostante, nel quale poi venivano seminati denti umani. Esattamente come fecero gli Argonauti durante la cerimonia che precedette la conquista del Vello d’Oro.
Successivamente nel corso del I millenio a. C., migrarono in Italia del nord attraverso i passi alpini popolazioni di lingua Celta della cultura di La Tène, dotate di una tecnologia evoluta che prevedeva l’uso del ferro, la ricerca e lo sfruttamento dei placer auriferi e la bonifica delle aree paludose per dedicarle all’agricoltura. In Valle d’Aosta e nel territorio racchiuso dalle colline dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea i Celti, fondendosi con gli autoctoni Liguri, diedero luogo ai Salassi, mentre lungo il Po si stanziarono i Taurini ed a est, tra la Sesia e la Dora Baltea, i Libui.
Poiché questa era una delle loro attività prevalenti, i nuovi venuti si diedero alla ricerca ed allo sfruttamento dei giacimenti auriferi, creati dal ghiacciaio Balteo con l’accumulo di materiale aurifero proveniente dalla Valle d’Aosta. Come si comprese poi in epoca moderna, I Celti localizzarono i siti più promettenti nei luoghi in cui, al termine della glaciazione Wurmiana, esistevano sfioratori delle acque di fusione dei ghiacci, dopo di che diedero inizio all’attività estrattiva. Si crede che nella maggior parte dei casi il risultato non sia stato esaltante, ma alla Bessa di Mongrando e lungo il corso inferiore della Dora Baltea, nella zona di Mazzè – Villareggia, risultò invece conveniente realizzare impianti per la coltivazione dei giacimenti.
Nota: i testi integrali delle relazioni del tenente Vallino e del cavaliere Spirito Nicolis di Robilant, pubblicati a suo tempo a cura del dott. G. Pipino,
sono consultabili sul sito www.mattiaca.it.
Struttura della aurifodina di Casale di Mazzè e tecnica
Nel 2006, dieci anni dopo le prime rilevazioni, le associazioni F. Mondino e Mattiaca entrarono in contatto con il geologo dott. Franco Gianotti, studioso che da anni si interessava della geologia dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea e della tecnica estrattiva della Bessa. Il contributo del Gianotti fu essenziale, senza il suo apporto ben difficilmente si sarebbe compresa la genesi dei fenomeni avvenuti nell’area. Per chiarezza si ritiene utile trascrivere alcuni stralci particolarmente significativi delle considerazioni fatte dal Gianotti sull’ argomento:
“La Bessa si può considerare l’area tipo per la coltivazione di placer tramite l’utilizzo di acqua corrente canalizzata.
Le aurifodine di Mazzè sono di questa tipologia.
In entrambi i casi i depositi alluvionali auriferi sono rappresentati da ghiaie sabbiose molto grossolane, con blocchi, da grossolanamente a ben stratificati, spessi alcuni metri nella Bessa: essi formavano la sommità pianeggiante di terrazzi, sospesi a parecchie decine di metri sopra gli alvei dei corsi d’acqua che li avevano precedentemente sedimentati (i torrenti Viona, Elvo ed Olobbia per la Bessa; la Dora Baltea per le aurifodine di Mazzè). Il placer poggiava su depositi alluvionali più antichi ed alterati: depositi alluvionali di conoidi pre-glaciali della Dora Baltea e dell’Elvo nella Bessa e depositi fluvioglaciali del gruppo di san Michele Borgo a Mazzè. In seguito allo sfruttamento minerario le discariche andranno a coprire un’area ben più vasta dell’originario placer, a causa delle metodologie adottate (le discariche della Bessa sono molto estese, complessivamente circa 9 chilometri quadrati ( 5,2 km quadrati di cumuli, circa coincidenti con l’originario placer, più 3,9 km quadrati di conoidi) mentre a Mazzè superano di poco 1 km quadrato (un’area comunque considerevole). Come prima operazione, si sbancava la coltre alluvionale aurifera, probabilmente già facendola incidere dall’acqua corrente in fossati, liberandola dai ciottoli di maggiore dimensione (superiori cioè ai 15-20 cm di diametro) e dai blocchi: questi venivano accatastati a lato, su aree già sfruttate, a formare dei cumuli ciottolosi, privi di matrice (e pertanto estremamente permeabili): in tal modo si formò la discarica a cumuli di ciottoli , quella più evidente e notevole almeno nel caso della Bessa. Questa discarica copre sostanzialmente lo stesso areale precedentemente occupato dal placer: si distribuisce pertanto alla sommità del terrazzo alto, e può venire definita come “discarica superiore a cumuli di ciottoli”. La parte minuta del deposito (ciottoli di taglia minore e sabbie grossolane aurifere) veniva sottoposto a lavaggio entro canali di acqua corrente, che sul terrazzo superiore coincidono con le fosse citate: queste infine confluiscono in un canalone che va approfondendosi verso il ciglio del terrazzo. I minerali più densi e pesanti tendevano a raccogliersi in apposite “trappole di concentrazione”, collocate nel primissimo tratto dei canali. La restante parte del detrito, ormai privato della maggior parte dell’oro, defluiva dai canali sino al loro sbocco, oltre il quale defluiva liberamente in forma di conoide alluvionale. Si forma così la seconda tipologia di discarica, quella definibile “a conoidi antropici”: essa distribuisce a valle della discarica a cumuli, a quote nettamente più basse, con la superficie sommitale inclinata che tende a raccordarsi gradualmente a quella del più basso terrazzo alluvionale.”
Dopo questa analisi di carattere più generale, il Gianotti prosegue incentrando le sue considerazioni sulla aurifodina di Casale di Mazzè:
“A tal proposito il sito di Casale di Mazzè (a Mazzè l’area della discarica superiore, a cumuli di ciottoli, che coincide con il settore soggetto a sfruttamento minerario, si distribuisce su 40 ettari (compresi limitati settori in continuità morfologica, che attualmente paiono coperti da cumuli di ciottoli); l’area interessata alla discarica a conoidi antropici (discarica inferiore) o, più esattamente, dai rilievi antropici canalizzati con morfologia “a rilevato”, è quantificabile in 35 ettari o più. Le due discariche minerarie di Mazzè coprono quindi complessivamente 0,75 km quadrati.
Una stretta fascia di terrazzo fluviale, che si prolunga tra Campagnetti e La Gabriella, mostra morfologie analoghe (rilevati per canali) ben rintracciabili già all’osservazione di una cartografia a curve di livello (carta tecnica della provincia di Torino scala 1:15000), ha inoltre restituito reperti provanti l’espansione delle attività minerarie a sud: in particolare sul fronte di una cava abbandonata è stata individuata una sezione di canale.
Considerando anche questo settore, l’estensione delle miniere raggiunge 1,275 km quadrati e potrebbe rappresentare l’area tipo per aurifodine sfruttate mediante canali su rilevati (sempre che tali rilevati fossero associati alla coltivazione del placer da cui discendono, e non piuttosto dei sistemi di adduzione dell’acqua di lavaggio verso altri placer più bassi). Questi sono infatti l’elemento meglio conservato, maggiormente distribuito e morfologicamente caratterizzante di questo sito (corrispondono ai conoidi a cordone della Bessa).”
Nota: il testo integrale della relazione del dott. F. Gianotti è stato pubblicato a suo tempo sul sito www.mattiaca.it ed è consultabile a questo indirizzo.
E' anche necessario affrontare il problema di come poteva avvenire l'approvvigionamento dell'acqua necessaria alla miniera. In epoca Ligure, posto che a quel tempo siano avvenute ricerche aurifere, per la ricerca episodica di pay streaks l'acqua era quasi inutile, ma quando i Salassi e poi i Romani iniziarono la ricerca su vasta scala questa divenne indispensabile.
Strabone sostiene che il prezioso liquido veniva ricavato prelevando acqua dalla Dora Baltea, operazione che riduceva la normale portata del fiume e impediva ai Libui, stanziati a valle, di irrigare i loro campi. L’autore greco sostiene inoltre che la Dora Baltea scorreva più in alto dei territori circostanti, tanto da poterne derivare canali per l’irrigazione.
Anche tenendo conto che una certa confusione può essere stata creata dal fatto che “Dora” è un idronimo di origine antica che non indica un fiume in particolare ma semplicemente acqua, le affermazioni di Strabone controvertono una realtà incontestabile: in nessun luogo del suo corso all’interno dell'Anfiteatro Morenico di Ivrea la Dora Baltea scorre più in alto dei territori circostanti e prelevare acqua dal fiume ad uso delle aurifodine di Casale di Mazzè non è possibile, perché erano poste su un falsopiano 30/35 metri più alto del corso della Dora, tanto che sarebbe anche oggi problematico rifornire d’acqua le miniere.
Ad onor del vero esiste una leggenda locale su una mitica regina che avrebbe fatto incidere la morena, in modo da prosciugare il grande lago contenuto tra le colline dell’AMI. Se questa era la realtà sarebbe stato possibile derivare canali ad una quota utile al rifornimento della miniera, ma geologicamente questa ipotesi non è sostenibile e quindi è meglio relegare questa ipotesi alla fantasia.
Nell’arco di una quindicina di anni si sono fatte varie ipotesi per risolvere il problema di come avveniva l’adduzione dell’acqua necessaria alla miniera, a tutt’oggi quelle che paiono avere maggior probabilità di essere veritiere sono le seguenti:
Captazione delle risorgive sgorganti ancora oggi nel versante destro del vallone della Dora Baltea tra Casale e Rondissone, con accumulo notturno delle acque in appositi bacini.
Costruzione in epoca romana di un canale antenato di quello di Caluso, il che, come avviene oggi, poteva garantire una continua affluenza d’acqua in ogni stagione.
Mentre la seconda ipotesi è tutta da dimostrare, per la prima si possono proporre alcune riflessioni interessanti: il confine salasso verso il Po, come dimostra la stele ritrovata a Mazzè una ventina di anni fa, erano le colline moreniche, oltre le quali Libui e Taurini si dedicavano alla coltivazione dei fertili meandri alluvionali della Dora Baltea. Se i salassi avessero captato le risorgive e deviato l’acqua verso dei bacini a servizio della miniera, certamente gli abitanti a valle ne avrebbero avuto un danno. Non tanto per la riduzione della portata della Dora, ma perché cessava un afflusso di acqua che permetteva di coltivare i terreni posti a quota più elevata del fiume.
A memoria d’uomo la portata delle sorgenti un tempo era notevole, tanto da essere conveniente creare canali di irrigazione, lavatoi ed altre strutture ancora esistenti per utilizzarle. Oggi con l’urbanizzazione di vaste aree e la costruzione di nuove strade, le risorgive si sono in parte inaridite, ma le rimanenti, come quella nei pressi della cascina Gabriella, garantiscono ancora un notevole afflusso d’acqua.
Una delle sorgenti posta a livello utile da garantire l’acqua necessaria alle miniere, era situata ai bordi della provinciale Caluso Cigliano alla quota di circa 240 metri s.l.m., ed esiste documentazione che nel corso del XVIII secolo la sua portata era talmente copiosa da interrompere il transito sulla strada.
Per quanto riguarda il versante di Villareggia non sono stati fatti studi o ipotesi proposito dell’ adduzione delle acque necessarie alla miniera di quel lato, ad oggi la soluzione più accettata è quella che il placer venisse portato al fiume e lavato.
Si è convinti che per quanto riguarda le aurifodine di Casale di Mazzè, le due soluzioni proposte, attuate singolarmente o contemporaneamente, rispondano efficacemente alla funzionalità della miniera e soddisfino a quanto detto da Strabone a proposito del livello della Dora Baltea rispetto alle terre circostanti.
Sino all'anno 2006 le ricerche intraprese nell’area delle miniere di Casale di Mazzè, prima dalla sola associazione F. Mondino e poi dall’anno 2004 in collaborazione con Mattiaca, associazione più attenta ai nuovi sistemi di comunicazione digitale, non diedero risultati apprezzabili. Vennero alla luce unicamente delle strutture solo vagamente afferenti alla aurifodina, ma del tutto inutili alla comprensione della genesi dei fenomeni avvenuti nell’area.
Come già detto la svolta si ebbe a seguito della pubblicazione sul sito www.mattiaca.it della relazione del dott. F. Gianotti sulle aurifodine di Casale di Mazzè, e alla consultazione delle verifiche preventive sull’area ai fini del D.L. 163/2006, redatte dallo stesso Gianotti e dalla dott.ssa A. Gabutti per un committente privato, divenute di carattere pubblico dopo il loro deposito presso la Soprintendenza Archeologica del Piemonte e al Comune di Mazzè.
Di quanto sostenuto dal Gianotti si è già argomentato ampiamente in precedenza, invece la dott.ssa A. Gabutti nella sua relazione di carattere marcatamente archeologico, oltre a dichiarare d’interesse archeologico le aurifodine, indicava la necessità di eseguire delle trincee di sondaggio in tre punti dell’area. A quanto si conosce una fu scavata a cura della ditta Antiqua di Vercelli, ed a quanto pare non diede risultati positivi, mentre le altre due non furono mai eseguite.
Nell’estate dell’anno 2012 un violento fortunale abbatte vari alberi di alto fusto nella zona indicata dalla dott.ssa Gabutti come adatta allo scavo di una delle due trincee di sondaggio. Ovviamente le due associazioni decisero di effettuare un sopralluogo, e gli incaricati, giunti con molta difficoltà sul posto, scorsero tra le radici degli alberi divelti delle monete che risultarono, anche se molto corrose, essere Assi romani in bronzo, alcuni di epoca repubblicana (I sec. a.C.) ed altri del tempo di Augusto. Eseguiti dei sommari lavori di ripulitura vennero alla luce anche varie punte di freccia e altri oggetti, parte dei quali certificarono che il sito, come d’altronde era già noto, era stato riutilizzato nel 1859, durante la II guerra d’Indipendenza contro gli austriaci, quale postazione difensiva della linea della Dora Baltea.
A parte gli aspetti più recenti, le conclusioni erano ovvie: considerato che con le monete erano venuti alla luce anche alcuni tratti di un muro di fondazione, quel sito, posto in una località strategicamente rilevante all’interno della aurifodina era stato abitato in antico, e il ritrovamento delle monete ne certificava l’epoca. Della scoperta fu data comunicazione il 27 settembre 2012 alla Soprintendenza Archeologica del Piemonte, rinnovata il 4 aprile 2013, che provocarono il sopralluogo, effettuato il 4 luglio 2013, dalle dottoresse Stefania Ratto e Paola Aurino, funzionarie della stessa Soprintendenza.
Nell’inverno dell’anno 2012, il proprietario del terreno che prosegue verso sera la strada romana tardo-antica Quadrata- Eporedia, con rara sensibilità, decise di abbattere gli alberi che ostacolavano la visuale e di permettere che gli itinerari delle visite promosse dalle associazioni Mattiaca e F. Mondino, transitassero sulla sua proprietà. Congiuntamente gli operai addetti agli abbattimenti consegnarono alle due associazioni degli oggetti ritrovati dagli addetti all’abbattimento degli alberi. Ad un primo esame superficiale i reperti risultarono in gran parte associabili alla strada quali chiodi per ferrare cavalli e simili, tutti palesemente di origine tardo antica o alto medievale. Per i rimanenti si potrebbe invece ipotizzare un origine più remota quale quella dell’ età Salassa, senza escludere l’eventualità, anche se al momento del tutto priva di riscontri, di essere in presenza di un luogo di scambio tra viaggiatori Etruschi o Greci che risalivano la Dora Baltea e la popolazione locale. Ipotesi d’altronde già prospettata a suo tempo dal dott. F.M. Gambari in uno dei suoi primi accessi a Mazzè. In ogni caso questi reperti paiono provenire da un sito stravolto e probabilmente trasportati sino al punto in cui sono stati rinvenuti dall’acqua meteorica. Anche questi oggetti sono stati riposti nella teca della sala consiliare del Comune di Mazzè in attesa di conferma.
Mappa delle Aurifodine di Casale di Mazzè
Note:
(1) Basolato, le pietre o lastre che formavano il fondo delle strade romane.
(2) Placer, termine inglese per indicare dei depositi alluvionali contenenti materiale aurifero.
(3) Trabucco, misura di lunghezza usata nel regno di Sardegna sino all’avvento del sistema metrico decimale, poi divenuto termine dialettale corrispondente all’italiano misurare. Corrispondeva a circa 3 metri, ma poteva variare a seconda delle varie zone.
(4) Pay Streaks o bande paganti, zone particolari dei lavaggi auriferi nelle quali è possibile ritrovare in abbondanza pepite d’oro di buone dimensioni
(5) Tracia, a grandi linee corrisponde alla parte europea dell’attuale Turchia.
(6) Norico, regione storica dell’Impero romano, corrispondeva all’Austria meridionale, all’Ungheria occidentale, alla Slovenia, alla Baviera orientale ed all’Italia nord occidentale
Testo Livio Barengo
Fotografie Anna Actis Caporale e Mario Fogliatti
Cartine Mario Fogliatti
Guida alla visita delle aurifodine Salasso – Romane di Casale di Mazzè
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Parco geologico dell'Anfiteatro Morenico di Ivrea
Primo rapporto 08/03/2016
? Strabone Geografia libri IV – V (Rizzoli) anno 1988
P. Azario La guerra del Canavese (ristampa) anno 1970
S. Nicolis di Robilant Relazione sull'oro alluvionale in Piemonte anno 1786
? Vallino Relazione sui lavaggi auriferi di Mazzè anno 1763
G. Casalis Dizionario geografico storico statistico
Commerciale degli Stati di S.M. il Re di
Sardegna – Vol. III Torino anno 1836
F.M. Gambari Bessa, nuove scoperte sulle Aurifodine
Romane anno 1998
F. Mercando/F.M.Gambari L'attività mineraria pre/protostorica
nell'arco alpino occidentale italiano anno 1999
AA.VV. La stele megalitica di Mazzè anno 1993
G. Cavaglià Contributi sulla romanità nel territorio
di Eporedia anno 1998
G. Pipino Ictimuli, il villaggio delle miniere d'oro anno 2000
F. Gianotti Bessa. Paesaggio ed evoluzione delle
grandi aurifodine biellesi anno 1996
F. Gianotti Le aurifodine di Mazzè nel settore frontale
esterno dell'AMI anno 2006
F. Gianotti Relazione preliminare geo-archeologica
sulle aurifodine di Mazzè anno 2008
A. Gabutti Verifica preventiva ai sensi del D. L.
163/2006 dell'interesse archeologico
delle aurifodine di Mazzè anno 2008
Ecomuseo AMI L'impronta del Ghiacciaio anno 2012
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