Dove venivano captate le acque di lavaggio per le aurifodine di Mazzè?

 

MAPPA DELL'ITINERARIO CON LA SEGNALAZIONE DEL VOSTRO POSIZIONAMENTO

 

Questo è uno dei problemi più affascinanti, anche perchè porta ad allargare notevolmente l'area di ricerca sul terreno. Nel caso si volesse utilizzare l'acqua della   Dora Baltea, in riferimento al passo di Strabone, bisognerebbe sbarrarne l'alveo perlomeno a monte di Quassolo, anche ipotizzando un'inclinazione bassissima del canale, per poi condurre quest'ultimo sul fianco interno destro dell'anfiteatro in condizioni spesso morfologicamente difficili. Per confronto, l'attuale Naviglio d'Ivrea    prende origine dalla Dora Baltea a Ivrea a q. 231 e passa tra Villareggia e Mazzè a q. 226 m, dunque oltre 15 m più in basso della sommità del terrazzo delle aurifodine di Mazzè, con un gradiente medio di appena 18 cm/km (rapporto di 5 m di dislivello su una lunghezza di 28 km). Per inciso, le lunghezze dei canali reali o virtuali che riporto, sono solo indicative, non precisissime e certamente approssimate per difetto (le ho ricavate disegnando delle linee spezzate sulla cartografia al computer usando un programma GIS). É facile dimostrare che sarebbe comunque assurdo captare la Dora Baltea, in quanto a distanza molto più breve dalle aurifodine si incontrerebbe un altro corso d'acqua di notevole portata: il T. Chiusella. Si noti che questo non è un discorso   pour parler , in quanto proprio sull'utilizzo delle acque della Dora Baltea si fonda l'ipotesi di identificazione delle miniere d'oro salasse citate da Strabone con il sito di Mazzè ed altri minori, Bessa esclusa, sostenuta da   Pipino   (1998, 2001 e articolo più recente pubblicato su   internet ). Immaginiamo quindi di progettare una captazione d'acqua dall'alveo del   Chiusella, per esempio a q. 275 m (a monte di Peronetto), per portarla attraverso   Candia, Vische e la gola di Mazzè al terrazzo sospeso poco a monte delle aurifodine (circa q. 265 m): sono almeno 34 km di lunghezza di canale. Anche accontentandosi delle acque di altri ruscelli che nascono dal fianco interno dell'anfiteatro, che il canale attraverserebbe prima di incontrare il Chiusella (Rio Rudo a Perosa e Rio Borriana a Pranzalito), le condizioni non migliorano sensibilmente (rispettivamente 28 e 30 km di lunghezza).

Piuttosto oneroso risulterebbe anche l'approvigionamento da ovest, in un diverso bacino idrografico: quello dell'Orco. Infatti l'attuale Canale di Caluso, edificato nel 1556-60 per l'irrigazione della campagna tra San Giusto, Caluso e Rodallo, prende l'acqua dal T. Orco, superando una distanza di 28 km (considerando il tratto dalla captazione di Spineto fino a Caluso e poi la diramazione di Mazzè, anno 1796, fino al Mulino Nuovo), ed evitando con galleria e ponti gli avvallamenti di San Giorgio.

Eppure    le evidenze di terreno provano che, nel caso delle aurifodine di Mazzè, vennero adoperati canali d'acqua nella coltivazione del   placer   aurifero: volendo scartare l'ipotesi di approvigionamento da corsi d'acqua importanti (decisamente per la Dora Baltea, con qualche dubbio per Orco o Chiusella, almeno fino a nuove evidenze), rimane tutta una serie di possibilità, che, al momento, mi sembrano di gran lunga le più probabili: l'acqua veniva captata cioè da uno o più corsi d'acqua minori, che in gran parte nascono direttamente dalla superficie della coltre fluvioglaciale antistante le morene frontali. La ricostruzione “di massima” prevede, ad esempio, che l'acqua venisse captata dal   T. Malesina   (questo nasce però dalla valle di Campo Canavese) poco a valle della confluenza con i rii Vodopiano e Molinatto (ad una quota intorno ai 260 m, e cioè di 10-15 m superiore    alle aurifodine di Mazzè). Lungo il tragitto si potevano eventualmente raccogliere anche le acque di altri modestissimi rii (Morello e Valle Morello, presso San Giacomo; Denoglio e Brueglio; Staglia e Vallunga) prima di passare a Nord dell'attuale Rodallo e poi per Arè giungere poco a sud del cimitero di Tonengo (a q. circa 252 m), con un percorso di 20 km per coprire una distanza di 12 km in linea d'aria. Qui il canale si doveva dividere in due rami: verso NE e poi Nord per le aurifodine di Casale e verso SE per quelle di    Torino Nuovo-La Gabriella.

Esiste tuttavia una gamma di possibilità intermedie, alla ricerca di un compromesso economicamente valido: ad es. captazione dal Rio Valle Morello a q. 275 m, presso il Pilone Vala, e tragitto di “soli” 12 km passando poco sotto il Mulino Nuovo di Mazzè). In ogni caso l'acqua doveva venire trasportata mediante uno o più canali ed infine stoccata all'interno di bacini artificiali, posti a monte del   placer , per essere utilizzabile per il “lavaggio” delle ghiaie aurifere. Attualmente tali bacini, se conservatisi integralmente e solo colmati di sedimenti (probabilmente più fini di quelli all'esterno), dovrebbero apparire come piani perfettamente orizzontali.

É da considerare anche l'ipotesi, completamente differente, di   Pipino   (1998), per cui, oltre (?) alle acque della Dora Baltea si sarebbe utilizzata l'acqua di un lago, attualmente estinto, attraverso lo sfioratore della   Valle della Motta   tra Caluso e Mazzè; quest'ipotesi deriva da quella introdotta dal notaio   Azario   (1339-1362), contemporaneo di Dante Alighieri, e poi ripresa da vari geologi del passato ( Martins & Gastaldi , 1850;   Gastaldi , 1865;   Baretti , 1877;   Bruno , 1877, 1883;   Marco , 1892;   Sacco , 1927 e, soprattutto   Sacco , 1928; invece   Baretti , 1893, nega questa possibilità) sull'esistenza di un grande lago cataglaciale, che avrebbe occupato la conca interna dell'anfiteatro morenico di Ivrea, in seguito al ritiro del ghiacciaio balteo alla fine dell'ultima glaciazione (ritiro avvenuto tra i 18.000 e i 16.000 anni fa circa); una situazione simile cioè a quella della maggior parte degli altri anfiteatri morenici pedemontani, denominati appunto dal grande lago che occupa la loro depressione interna (Garda, Verbano, Lario, Iseo e Orta). Però, per soddisfare le esigenze di sfruttamento delle aurifodine, si dovrebbe supporrre che il lago fosse sopravvissuto fino ad epoca storica o proto -storica, con livello molto più alto di quello attuale di Candia (q. 226 m s.l.m.) e in particolare posto, secondo   Pipino   (1998), alla quota dello sfioratore di   Valle Motta   tra le morene di Caluso e di Mazzè (q. 275 m s.l.m.): ne consegue che tale massa d'acqua avrebbe dovuto colmare tutta la conca interna dell'anfiteatro fino a   Pont Sant Martin in Valle d'Aosta. Da notare che nessuno dei geologi citati ipotizza un prolungamento della fase lacustre fino in epoca storica, e Bruno   (1877) nega espressamente l'intervento umano:   il lago   si sarebbe svuotato naturalmente per approfondimento dello sfioratore di Mazzè ( Bruno , 1877;   Marco , 1892). All'ipotesi di uno svuotamento artificiale del lago è legata la leggenda della Regina Ypa, diffusa in ambito locale.

Franco Gianotti

 

AURIFODINE DI MAZZE'

SCHEMA DI ALIMENTAZIONE DEL BACINO PRINCIPALE RACCOLTA ACQUE

E TECNICA DI SFRUTTAMENTO DEL GIACIMENTO

COLTIVAZIONE TRAMITE ACQUA CANALIZZATA, IN CANTIERI DISTINTI

 

Come prima operazione, si sbancava la coltre alluvionale aurifera, probabilmente già facendola incidere dall'acqua corrente in fossati, liberandola dai ciottoli di maggiori dimensioni (superiori cioè a circa 15-20 cm di diametro) e dai blocchi: questi venivano accatastati a lato, su aree già sfruttate, a formare dei cumuli di ciottoloni, privi di matrice (e pertanto estremamente permeabili): in tal modo si formò la discarica a cumuli di ciottoli, molto più evidente e notevole nel caso della Bessa, mentre qui a Mazzè, ora è in gran parte ricoperta da terriccio e ampiamente sommersa dalla vegetazione. Questa discarica copre sostanzialmente lo stesso areale precedentemente occupato dal placer : si distribuisce pertanto alla sommità del terrazzo alto, e può venire definita come “discarica superiore a cumuli di ciottoli”.

La parte minuta del deposito (ciottoli di taglia minore e sabbie grossolane aurifere) veniva sottoposta a “lavaggio” entro canali di acqua corrente, che sul terrazzo superiore coincidono con le fosse citate: queste infine confluiscono in un canalone che va approfondendosi verso il ciglio del terrazzo. I minerali più densi e pesanti tendevano a raccogliersi in apposite “trappole di concentrazione”, collocate nel primissimo tratto dei canali.

La restante parte del detrito, ormai privato della maggior parte dell'oro, defluiva nei canali, fino al loro sbocco, oltre il quale sedimentava liberamente in forma di conoide alluvionale, poggiando a monte sulla superficie della scarpata ed andando verso valle a seppellire la piana sottostante. Si forma così la seconda tipologia di discarica, quella definibile “a conoidi antropici” ( Gianotti , 1993): essa si distribuisce a valle della discarica a cumuli, a quote nettamente più basse, con la superficie sommitale inclinata che tende a raccordarsi gradualmente a quella del più basso terrazzo alluvionale.

 

DISTANZE E PROFILO ALTIMETRICO

 

 

 

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