Lasciato alle nostre spalle
l’attuale ingresso del
dirigiamo verso ponente
percorrendo la stradina
che ne contorna le mura.
Il primo monumento degno di nota è una antica
titolata a
San Michele Arcangelo
restaurata alla fine del secolo scorso
in stile neo-gotico
posta all’imboccatura del sentiero
diretto verso la Dora.
Un antica leggenda
viva nella memoria degli abitanti del vecchio borgo
narra come
ancora presente nella
possa apparire
il diavolo
in vena di brutti scherzi.
Lasciata la
diabolica cappella
una
delle
usata dal feudatario
per accogliere gli
ospiti illustri.
Non svoltiamo a sinistra
in quanto l’antico ricetto ed i palazzi sono trattati in un altro itinerario
ma proseguiamo diritto per una stradicciola
sempre costeggiante le mura
sino ad arrivare all’antica chiesa titolata a
sacra effigie venerata in molti altri luoghi sulla strada dei pellegrini.
Antica parrocchiale
del borgo omonimo
un tempo esistente nei pressi
posta fuori del ricetto fortificato
e da sempre oggetto di
molta venerazione
sia in paese sia nel circondario
è chiamata familiarmente dalla gente
L’edificio
d’impianto probabilmente
romanico-gotico
coevo di
Santo Stefano di Candia
ha circa
900 anni di vita
è ora strutturato in
tre navate
con le due laterali tronche
ma ha subìto nel
corso dei secoli
rimaneggiamenti tali
da non lasciare più intravedere
la conformazione originaria
probabilmente a suo tempo
simile
all’altra antica parrocchiale dei
Attualmente
la facciata neoclassica
crea una atmosfera di
composta religiosità
che si ripropone anche all’interno
ed è ulteriormente confermata
dall’affascinante ambiente circostante.
Lasciata la
Chiesa di Santa Maria
la stradina in discesa prosegue sino alla confluenza con la
Via San Michele
i meno sportivi
voltando a destra
potranno tornare al punto di partenza
risalendo la strada che costeggia prima
il parco
e poi
la Villa Occhetti
Passato il ponte che collega i due lati della strada
a sinistra
sulla via che un tempo conduceva alla
piazza prospiciente il ricetto
si può ammirare una seconda cappella titolata a
Le dimensioni quest’edicola sono maggiori di quella precedente
anche se architettonicamente
la struttura è meno ricercata.
Qui non vi sono anelli
con cui stuzzicare il diavolo a fare una comparsa.
Per gli appassionati
la presenza di ben
due cappelle titolate a
San Michele
nell’ambito di 100 metri
è certamente la prova
che siamo proprio
sull’itinerario degli
antichi pellegrini.
Tornando al punto di svolta
i più volenterosi
prenderanno a sinistra
e percorreranno
la
sino al quadrivio della
Croce del Vallo
dove passata la strada che conduce a
Vische
potranno imboccare
la
Via per Candia
Percorrendo questa
magnifica stradina
che si snoda in mezzo a
vigne e boschi di castagno
si giunge infine
al punto
dove inizia
la discesa verso il
Lago di Candia.
Poco avanti
era posto
del feudo di
Mazze’
sino al XIV secolo
quando
nel 1339
come narra
il castello rivale di
feudo dei
San Martino
fu assalito
ed incendiato
dai
mazzediesi
e dalle barbute tedesche
comandate dal
Malerba
inviate dai
Visconti di Milano
loro alleati.
Dopo la distruzione di
il suo territorio
fu annesso a quello
del feudo di
Mazzè
ed il confine
spostato sulla riva del lago.
A ricordo del vecchio limes
rimasero solo i toponimi:
il luogo si chiama
anche se oggi non si vedono più fortificazioni
la collina prospiciente
in virtù delle
cui i viandanti ed i pellegrini
erano costretti
prima di accedere a
Mazzè
ed al ponte sulla
Dora
mentre nel piano a destra
si erge l’enorme masso del
traducibile in covo o covaccio,
in quanto forse anticamente
punto di raccolta
di
masnadieri e tagliagole.
All’inizio della discesa
voltando a sinistra
si può imboccare l’antica strada selciata per
Macellio e Castiglione
oggi questi due centri esistono solo più nel ricordo
ma dieci secoli fa
erano vivi
e da qui passavano i
pellegrini
diretti a
Mazzè
ed al
ponte sulla Dora
una volta lasciato
Santo Stefano di Candia.
Proseguendo invece diritto
verso la fine del valico
la
immette nella
valle della Motta
plasmata in antico
dalle acque
del ghiacciaio valdostano.
Le colline si allontanano
per cedere posto ad un grande
digradante verso la pianura
un tempo occupata
dal mitico
lago d’Ivrea
del quale quello di
Candia
è forse l’ultima vestigia.
Per il ritorno
consiglio di percorrere
l’antica strada sino al lago
quindi svoltare a destra sulla litoranea
e poi
dopo qualche centinaio di metri
imboccate una strada di campagna
risalente la collina.
Passato un calanco
dopo varie svolte
entrate nell’abitato di
Barengo
visitate la
e la piazzetta antistante.
Ripresa la strada principale
raggiungete la provinciale alle
cascine Vallo
percorrete la
salita della polverosa
dove troverete una
cappella votiva
voltate a sinistra
e imboccate la stradina della
Pietrafica
che
dopo una serie di svolte
vi condurrà
al pianoro della
Bicocca
luogo sacro
agli
antichi Salassi.
Secondo la tradizione
nel 141 a.C
in questi pressi
si svolse
l’ultima sfortunata battaglia
tra i nostri progenitori
ed i
Romani
del console Appio Claudio Pulcro.
A sinistra
si erge il
gran tumulo
sulla cui sommità
si pensa fosse allocata
(VI sec. a.C)
ritrovata anni fa nel
greto della Dora
e ricollocata in paese
Salendo in cima al
tumulo
si ha l’esatta percezione della
sacralità del luogo
quasi che tutti i
guerrieri morti
in quell’epica vicenda
ci guardassero
nell’attesa di un nostro atto di pietà.
Nelle giornate limpide
la vista spazia verso i quattro punti cardinali
ed è visibile
tutta la cerchia delle
Alpi
pare quasi che la terra ed il cielo abbiano qui il loro ombelico.
Singolare
è quanto espone il Serra
a proposito dell’itinerario proposto.
L’illustre autore,
basandosi su documenti del
1007
e del
1141
conferma
" Di li continuava
- l’antica via romana -
forse sul tratto di strada già citato della
Via Polverosa
sino al loco di
Maciadi, Macciacus o Mattiacus,
sede di un importante mercato
ceduto
come quello di
Rivarolo
all’espansione
politica e commerciale
dei
vercellesi.
"A
Mazzè
la strata que vadit
ab
Yporegia
versus
Romanum
et
Strambinum
usque in
Pontem Copacij
metteva capo al
Pontem Copacij
ossia
al pontem de
Mazario
qui est contructus
super
fluvium
Duire "
Per quanto concerne invece l’appellativo di
Merenda Lunga
il Serra
conferma
che questo toponimo
deriva
dall’abitudine dei
pellegrini
di sostare in quel luogo
consumandovi parimenti
una merenda
più o meno lunga
secondo la sollecitudine
dei gabellieri del
Conte
nel farli transitare.
Noi
iniziata la discesa verso
senz’altro
noteremo che la
strada
è selciata con grandi pietre
e le pareti
sono formate da
enormi massi.
E' la testimonianza
che in antico
questa non era una comune strada di campagna
ma una via con funzioni ben diverse.
Arrivati in
sarà agevole
tornare al luogo
dove avete
parcheggiato la vettura.
Va segnalato che
transitante dal
dal
da
per congiungersi alla strada provinciale
nei pressi del ristorante
"La Barcaccia"
nell'agosto del
2002
in seguito a
violenti temporali
è stata in parte
dissestata
e sono venuti alla luce